La Microcollection di Elisa Bollazzi

Un micro museo che fino a oggi si è arricchito di migliaia di frammenti di opere d’arte di numerosi artisti, raccolti anche con l’aiuto di collaboratori e amici e donazioni

Avarie

Dopo Carlo Buzzi e Cesare Briatoni, nella kunsthalle (KCC) di Castello Cabiaglio – l’antica cappelletta votiva dei contadini trasformata in atelier – , tocca all’artista Elisa Bollazzi raccontare, con le opere, il suo messaggio artistico e culturale.

Ecco come nasce il suo progetto

XLIV Biennale Internazionale d’arte di Venezia, 1990, dimensione futuro, padiglione inglese.
Elisa Bollazzi raccoglie un piccolo frammento di un’opera dell’artista Anish Kapoor finito sul pavimento. Qualcosa che si è rotto viene recuperato. Nasce così Microcollection, un micro museo di cui Elisa Bollazzi è la direttrice, che fino a oggi si è arricchito di migliaia di frammenti di opere d’arte di numerosi artisti, raccolti anche con l’aiuto di collaboratori e amici e donazioni. Queste microparticelle, microscopiche presenze di opere, montate su comuni vetrini da laboratorio, sono visibili al microscopio – nei Cabinets de regard – durante mostre itineranti. Microcollection dal 2008 amplia le attività di presentazione al pubblico dei reperti con le Semine d’arte. Per KCC presenta una semina in vaso di terraglia di un frammento di un’opera importante, una tra le prime ad essere stata raccolta e inventariata: Albero di 3 metri, 1988-89, di Giuseppe Penone.

Seminare l’arte è un gesto affettivo e bene augurante, una pratica antica che diffonde, quasi di nascosto, l’idea primigenia della crescita e del germogliare. Si semina arte per raccogliere pensiero immaginifico, sensibilità e curiosità. È un lavoro sul tempo e sulle possibilità, sul dono e sulla fragilità, al quale ci si avvicina sospendendo l’incredulità e aprendosi alle possibilità poetiche del gesto antico, che è un seminare “polvere” per raccogliere stelle, un “seme” che è spazio d’attesa, memoria del futuro.

A proposito di Kunsthalle

KCC è un “artist-run space” situato in una cappella votiva risalente al XVI – XVII secolo. KCC è una finestra culturale, un luogo che vuole  suggerire l’importanza della contingenza, dell’effimero, del momento unico e irripetibile, proponendo la precarietà e la leggerezza come valore. Le opere non sono soltanto ospitate in questo spazio ma entrano a farne parte, diventando una presenza che – subendo la contingenza del tempo – si fa assenza e dimenticanza, o, tuttalpiù, memoria. Realizzate appositamente per questo progetto – che si configura come una sorta “stazione” sperimentale” – vivranno di un loro tempo specifico, più o meno dilatato, potranno anche sovrapporsi una all’altra, alcune opere cambieranno, spariranno, altre si aggiungeranno, in un intreccio e minima stratificazione di senso, dialogando per assonanze o per opposizione a sottolineare differenze e inediti punti di vista.

a cura di Valentina Petter

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Pubblicato il 20 Febbraio 2018
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