Il monologo di Favino al Festival di Sanremo vale più di mille discorsi politici
Michele Mozzati, fondatore della Smemoranda e di Zelig, commenta la direzione artistica del festival e il monologo di Pierfrancesco Favino
Sono stato sempre del parere che chi – anche culturalmente e “politicamente” – attaccava Baglioni seguiva (e segue) un percorso mentale a me incomprensibile. Sono cresciuto dalla prima giovinezza con le sue canzoni, a partire dalla prima, la mitica “Signora Lia” (“…stai con tuo marito/ stai tranquilla che non sa/ non sa che l’hai tradito/ ma stasera che hai capito/ di amare solo lui/ senti che hai sbagliato troppo ormai”). E io coi miei amici, che non avevamo mai avuto la fortuna di innamorarci di una signora Lia, stavamo a immaginarci il nostro coetaneo Claudio da Roma che invece…
Nonostante una canappiona di naso (allora!) da far paura. Beh da quel 1971 Baglioni ne ha scritte e cantate tante. Le sue canzoni, come quelle di Battisti e pochi altri, hanno attraversato trasversalmente la nostra storia. Senza toccare mai o quasi il “politico” (che abbiamo invece amato in altri cantautori) ci hanno invaso il “privato”, facendoci tanto bene.
Pur amando Baglioni, pensavo, però, che dargli il Festival 2018 avrebbe fatto male a lui e a noi. Non è stato così.
Sanremo di quest’anno è stato un carrozzone, come sempre, ma quasi mai inutile e mai imbarazzante. Un pezzo dell’Italia pop, questa volta importante. Grazie al suo direttore e alla sua conduzione. E le canzoni sembravano addirittura meglio del solito e forse lo erano. Michelle – sapete che la conosco bene – l’ho trovata sempre sul pezzo, a fare lo sporco lavoro di quella che dice le cose. Inoltre, diciamocelo, è di una bellezza, oggettivamente quasi perfetta. Ma questo lo sapevo.
Favino la prima sera mi pareva il solito appiccicato che spesso vediamo a Sanremo: uno che non c’entra molto. Si è invece conquistato un suo spazio di qualità. E’ stato ironico limitando le banalità al minimo (anche gli altri lo hanno fatto bene) . E ha il merito di aver portato a Sanremo uno dei momenti più alti di sempre, per qualità e contenuti. “La nuit juste avant les forêts” è un atto unico del francese Bernard-Marie Koltès. E’ del 1977 e il monologo tratto da quella pièce pare scritto oggi.
Lode a lui, Favino, e ai suo compagni in scena e non, che hanno permesso che avvenisse tutto questo in un momento così difficile del Paese. Sono cose che valgono mille discorsi politici, si sa. Ecco, ho scritto ciò che volevo. E ora posto un articolo uscito di oggi sull’Espresso online, scritto da Beatrice Dondi. Lo condivido perché lo condivido davvero.
tratto integralmente da Facebook con il consenso dell’autore
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