Donne lavoratrici: aumentano i rischi ma rimane la disparità di trattamento

Conferenza sulle differenze di genere in campo lavorativo con un focus sugli incidenti e malattie professionali. Inail, Provincia, Comune di Varese e Co.Co.Pro tracciano un quadro preoccupante

infermieri

Donne vittime di incidenti sul lavoro. Vittime di molestie o violenze sessuali. Ma anche vittime di disparità di genere nei trattamenti lavorativi.

Lo spaccato uscito questa mattina a Villa Recalcati, nel corso della conferenza “Salute e sicurezza in ottica di genere” disegna una realtà che è ancora distante dalla parità tra uomo e donna in ambito professionale: « Le leggi ci sono – ha commentato il direttore territoriale di Inail Santa Picone – ma c’è una cultura della diversità difficile da sradicare».

Nella sala della Provincia, alla presenza  dell’assessore del Comune di Varese Rossella Dimaggio, della consigliera di Parità della Provincia Luisa Cortese, della presidente di Inail Santa Picone e della presidente del Co.Co.Pro. Varese Caterina Valsecchi, si sono affrontate le diversità di trattamento tra uomo e donna nei diversi ambiti della vita: salute, lavoro, istruzione e rappresentanza politica.

Dopo il richiamo alla necessità di attivare politiche di prevenzione raccomandato da Luisa Cortese e le buone pratiche messe in campo dal Comune di Varese, soprattutto nel settore scolastico, raccontate da Rossella Dimaggio, il focus principale è spettato all’INAIL che ha presentato i dati sugli infortuni sul lavoro in provincia di Varese risalenti agli an in tra il 2012 e il 2016.

A fronte di un tasso di occupazione femminile rimasto pressoché costante ( 56% seppur in crescita lo scorso anno sino al 59,31%) la percentuale di donne occupate nel Varesotto è sotto la media regionale.

Gli infortuni capitate a donne lavoratrici, nel 2016, sono stati 3645 pari al 37% del totale, un dato in calo rispetto al 2012 quando vennero registrati 4109 infortuni.

Gli incidenti sono avvenuti soprattutto nell’ambiente di lavoro ( 73%) mentre nel 19% dei casi sono avvenuti durante il tragitto verso il luogo di occupazione e solo il 2% mentre si era impegnate alla guida di un mezzo di trasporto professionale. Rispetto agli uomini, le lavoratrici risultano più a rischio, comunque, negli spostamenti e questo dato viene giustificato per il tipo di occupazione che insiste soprattutto nel ramo servizi. Il pendolarismo, inoltre, viene spesso indicato come la causa di aumento dei rischi a causa dello stress emotivo che provoca e dei disturbi del sonno.

Nel 2016, i casi di incidenti mortali in provincia sono stati in tutto 8 di cui uno ha riguardato una donna.

Il settore più problematico è risultato quello socio sanitario ( 286 incidenti), seguito dal comparto manifatturiero ( 264) e da quello del commercio (261).

L’età più a rischio è quella compresa tra i 45 e i 54 anni ( 27,73% dei casi globali) anche se si riscontra un picco tra gli under 14 legato a problemi insorti in ambiente scolastico ( 430 casi nel 2016).

Un capitolo ancora da svelare completamente è quello della malattie professionali dove si teme che i casi emersi nascondano una realtà ben più complessa, difficile da svelare per le ripercussioni lavorative che ne subentrerebbero. Due anni fa sono state segnalate 266 malattie professionali di cui 53 di lavoratrici, in diminuzione rispetto all’anno precedente. Si è trattato soprattutto di malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo che indicano affaticamento e stress fisico.

Al di là dei numeri, resta, comunque, il discorso culturale che va a incidere sulla vita professionale di uomini e donne. Le difficoltà di far emergere trattamenti di parità ma, soprattutto, di attenzione per le vittime di molestie sono state evidenziale dal Caterina Valsecchi che ha anche ricordato i problemi che emergono nelle aziende quando, come sindacati confederali, chiedono attenzione alle tematiche di genere: « Nel 2016 sono state 167.000 le donne che hanno subito molestie o violenze sul luogo di lavoro – ha commentato la presidente del Co.Co.Pro. ricordando i dati Istat – circa il 9% delle lavoratrici».

La discriminazione è presente, dunque, causata da un retaggio culturale difficile da superare nonostante le leggi esistenti: tra le più a rischio ci sono sicuramente le donne precarie, le donne straniere e precarie e quelle anziane e precarie.

Costruire un tavolo di lavoro dove far convergere istituzioni e parti sociali sembra essere la via migliore per iniziare a modificare un ambiente ancora poco attento alle tematiche di genere.

Dati Inail 2016: qui il report completo

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Pubblicato il 21 Marzo 2018
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