Ivonne, che attraversava la pianura in bici, sfidando fascisti e tedeschi
All'Istituto Falcone la testimonianza di Ivonne Trebbi, che a sedici anni scelse di fare la staffetta partigiana nella Bassa emiliana
All’Istituto Superiore “G. Falcone” di Gallarate, in attesa della festa nazionale, Festa della Liberazione, gli studenti delle classi V dell’alberghiero hanno avuto l’opportunità giovedì di incontrare un’ospite d’eccezione, la staffetta partigiana Ivonne Trebbi.
Dopo i saluti e una breve contestualizzazione storica da parte della prof.ssa Annitta Di Mineo, il presidente dell’Anpi di Gallarate, Michele Mascella ha proposto la visione e l’ascolto della settima conferenza alla Statale di Milano, di un padre della Costituente, Piero Calmandrei, che recita:” Tutti hanno diritto di arrivare ai piani alti, ed è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli…La libertà è come l’aria, ci si accorge quando comincia a mancare… La Costituzione è un testamento lasciato da 100.000 morti, non è una carta morta, dipende dalla partecipazione di tutti renderla viva…”.
Presenti la prof.ssa Guja Baldazzi , segretaria dell’Anpi di Gallarate e Francesco Meneghetti dell’Anpi di Saronno. Come secondo relatore è intervenuto l’avvocato Riccardo Conte dell’Anpi di Varese che illustra alcuni articoli della Costituzione facendo leva sull’uguaglianza, soffermandosi sugli articoli. 3, 7, 8, 19.
E poi l’ospite d’eccezione: la senatrice della Repubblica Ivonne Trebbi – emiliana d’origine, varesina d’adozione – ha portato la testimonianza della sua esperienza di “staffetta partigiana”, partendo dalla situazione del governo quando aveva 16 anni e prese la sia decisione. «Essere sudditi del re e di Mussolini significava credere- ubbidire-combattere. In qualità di sudditi non si poteva esprimere il proprio parere e bisognava ubbidire ad una persona, invece come cittadini con diritti e doveri posso esprimere il mio pensiero. Durante il fascismo tutti i ragazzi venivano richiamati in guerra, anche mio padre venne richiamato all’età di 33 anni lasciando me, mia sorella e mia madre da sole. Non c’era e non si trovava cibo solo al mercato nero e chi aveva soldi».
«Dopo l’8 settembre del 1943 molti soldati (italiani, sbandati dopo il disfacimento del Regio Esercito, ndr) si nascondevano nei fossi, cercavano vestiti civili, perché se presi dai tedeschi o fascisti venivano accusati di tradimento. Io ero giovane e mi ponevo delle domande. Con chi stare? Coi fascisti? Coi traditori? La mia coscienza si ribellava e ho scelto la voce giusta e scelgo di diventare staffetta partigiana a 16 anni. Una scelta importante, potevo essere presa dai tedeschi, uccisa, metto la mia vita in pericolo, ma non posso essere indifferente a quello che sta succedendo, voglio la pace».
«Un contributo enorme lo hanno dato i contadini, nei fienili nascondevano i partigiani. Era proibito manifestare per chiedere pane, latte, carne che mancavano. Io come altri abbiamo sabotato, bruciato elenchi anagrafici della provincia di Bologna, per impedire ai nazifascisti di recuperare i nomi dei renitenti. Col cuore tremante, per la pura di essere arrestata, consegnavo volantini, nascosti nel tubo della bicicletta, sabotavo mettendo un pochino di sabbia nei motori delle trebbiatrici. I tedeschi requisivano tutto quello che si produceva. Il 5 gennaio del 1945 alle ore 21:00 venni arrestata e fui incarcerata fino al 21 aprile, mia mamma trascorse 6 giorni in prigione. Fui torturata ma noi parlai mai, non dissi nulla. La partecipazione piena della donna alla liberazione del Paese ha aperto un nuovo periodo di conquiste, di giustizia».
Un esercito al femminile, dentro alla Resistenza: erano attivi Gruppi di difesa 70mila donne, Partigiane e combattenti 35mila, patriote 20mila, arrestate e torturate 4.653, deportate 2750, donne insignite al valor militare medaglia d’oro 15: cifre buracratiche ma la presenza delle donne è stata maggiore. Ha concluso rivolgendosi agli studenti: «Non bisogna essere indifferenti, bisogna partecipare e vale anche oggi, da voi dipende l’avvenire del nostro Paese, studiate la storia perché – Guai a dimenticare cosa hanno passato le popolazioni, guai dimenticare questi giorni di grande dolore, mettetevi insieme e partecipate alla vita politca per salvaguardare la democrazia, la libertà».
Alla fine del discorso ha estratto i suoi documenti di partigiana e invita gli alunni a visionarli. Tanta commozione e tante le strette di mano da parte degli studenti a Ivonne Trebbi.
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