“Sovraffollamento del carcere, dimenticata la Polizia Penitenziaria”

Non sono solo i detenuti a dover affrontare il problema del sovraffollamento del carcere ma anche gli agenti: "ci fa rabbia vedere che si trovano fondi per il benessere dei detenuti e per noi mai nulla"

polizia penitenziaria

I detenuti aumentano, gli agenti no. Sono mesi difficili quelli che stanno vivendo gli agenti della Polizia Penitenziaria a Busto Arsizio, con problemi che stanno venendo al pettine a causa del sovraffollamento che ha riacceso i riflettori sulla struttura di via per Cassano.

Se infatti negli ultimi anni sono stati fatti molti interventi per rendere più vivibile il carcere «per noi agenti non è stato fatto praticamente nulla» dice Paolo Delli Veneri, della segreteria regionale UILPA Polizia penitenziaria. L’agente e sindacalista parte proprio dall’esempio fatto durante il sopralluogo di Lara Comi e Angelo Palumbo: i nebulizzatori nelle aree aperte per rinfrescare i detenuti d’estate. «Ci fa rabbia vedere che si trovano fondi per il benessere dei detenuti e per noi nulla -continua Delli Veneri- perchè l’agente che controlla quelle aree sta in un gabbiotto d’acciaio con i vetri blindati e con l’aria condizionata rotta da anni: un forno, in pratica».

Un problema che va ad acuire un disagio che portò nel 2016 ad una protesta plateale davanti all’istituto. Ma in questi ultimi anni la situazione «è ulteriormente peggiorata perchè il personale è stato ridotto mentre i detenuti sono cresciuti, le sezioni aumentate e il lavoro è cambiato molto». Nel caso di Busto ad esempio sono state aperte due nuove sezioni per un totale di 48 detenuti mentre «per evitare il problema dei 3 metri quadri a testa per detenuto (quello che ha portato l’Italia alla condanna per trattamento inumano, ndr) durante il giorno le porte delle celle vengono aperte». Novità importanti che «non solo non sono state accompagnate da un’aumento del personale ma addirittura da una sua riduzione». La pianta organica per la struttura è infatti passata da 200 a 150 agenti, «con una gestione dei turni e delle mansioni che crea molte tensioni».

Come se non bastasse ci sono i problemi strutturali degli edifici al punto che «quando piove dobbiamo tenere i secchi per raccogliere l’acqua non solo nelle sezioni ma anche nei nostri uffici e nelle stanze della Caserma». Una situazione difficile e nella quale «noi siamo visti sempre come i cattivi -chiosa il sindacalista- quando in realtà cerchiamo di fare al meglio il nostro lavoro. E vorremmo farlo sempre meglio».

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 13 Aprile 2018
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