Paziente morì dopo le operazioni, assolto Gianlorenzo Dionigi e il suo staff
Condanne di due anni per i medici che intervennero sulla vittima ad Ancona e che rifiutò interventi a rischio trasfusioni perché Testimone di Geova
La morte di un uomo di 66 anni avvenuta a Varese il 3 aprile del 2013 non è da ascriversi alla colpa medica dell’equipe del primario Gianlorenzo Dionigi: assolto oggi, assieme ad altri tre chirurghi dell’Ospedale di Varese dal reato di omicidio colposo.
Al termine del processo, la cui discussione è avvenuta di fronte al giudice Anna Azzena, sono invece stati condannati a due anni di reclusione due medici di Ancona che operarono l’uomo il 17 gennaio dello stesso anno in una clinica privata per colecistectomia.
All’indomani dell’operazione l’uomo venne trasferito nell’ospedale pubblico di Ancona dove i medici, a fronte delle sopraggiunte condizioni del paziente, gli proposero un ulteriore intervento chirurgico che forse avrebbe potuto salvargli la vita.
Tuttavia l’uomo si rifiutò per motivi religiosi.
Secondo quanto emerso nelle discussioni dei difensori, per quattro volte i medici del Riuniti di Ancona proposero al paziente di operare subito, ma l’anziano decise di non voler essere sottoposto ad intervento poiché vi sarebbe stata un’alta probabilità – il 50% – di dover ricorrere a trasfusione ematica, fatto che avrebbe generato un conflitto di coscienza per il suo credo religioso: era Testimone di Geova.
Il settantunenne firmò le dimissioni e chiese il ricovero all’ospedale di Varese dove arrivò il 21 in serie condizioni e venne sottoposto dall’équipe del professor Gianlorenzo Dionigi, primario, a diversi interventi chirurgici.
Le condizioni in cui il paziente arrivò a Varese, però, erano a detta del difensore dei medici varesini piuttosto compromesse: «Lesioni delle vie biliari, lesioni vascolari (arteria epatica), fegato in condizioni ischemiche e necrotiche», ha ricostruito l’avvocato Andrea Orelli.
Nel corso del dibattimento sono state visionate le cartelle cliniche della struttura privata, dell’ospedale di Ancona e di quello di Varese, sono stati sentiti quattro testimoni e cinque consulenti.
Il pubblico ministero Davide Bartulli al termine della sua requisitoria ha chiesto 2 anni e 8 mesi e 2 anni e 4 mesi rispettivamente per i due medici della casa di cura privata, 2 anni e 8 mesi per l’allora primario varesino e un anno ciascuno per i chirurghi del suo staff.
Alla fine l’avvocato Orelli con ragionamenti in punta di diritto e attraverso un’ampia ricostruzione fattuale spintasi nel campo della terminologia e della letteratura medica è riuscito a dimostrare l’impossibilità di un nesso di causa tra l’operato dei medici varesini e il decesso.
Tesi analoga a quella invocata dai difensori dei due medici che per primi operarono ad Ancona e che sono invece stati condannati a due anni.
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