Ospedale Varese: il giocattolo si sta rompendo

Intervento di Carlo Ballerio, già Direttore Amministrativo dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, che fa il quadro dello stato di salute dell'ospedale varesino

I volontari dell'accoglienza all'ospedale di Circolo

Intervento di Carlo Ballerio, già Direttore Amministrativo dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, che fa il quadro dello stato di salute dell’ospedale varesino

L’ospedale di Varese, oggi invero un po’ acciaccato, è, e resta, un patrimonio per la città e per il suo circondario. Per questo merita ogni attenzione, soprattutto in una fase in cui la Regione sembra fare di tutto per distaccarlo dal suo territorio. Meritano soprattutto stima e rispetto i professionisti e il personale sanitario tutto che in esso opera e che, tramontata la stagione dei grandi maestri non solo universitari e venute meno alcune eccellenze, fanno di tutto, pur fra mille difficoltà, per mantenere comunque elevato il livello qualitativo delle prestazioni. Si perché sono i professionisti e gli operatori sanitari la vera e insostituibile risorsa dell’ospedale ed è di questa risorsa di cui si dovrebbe aver cura, a maggior ragione in un momento di crisi di un sistema gravato dalla penuria di finanziamenti e di personale.

Questo dice la dottrina e questo mi hanno insegnato e fatto praticare illustri e indimenticati personaggi che hanno gestito e diretto l’ospedale di Varese. E’ nei momenti di difficoltà, infatti, che vengono in soccorso i cosiddetti comportamenti compensativi, cioè la disponibilità a salvaguardare i pazienti coprendo, per esempio, i turni carenti con il lavoro straordinario, oppure con il non dovuto “sbattersi” di ogni giorno, anziché limitarsi ad allargare le braccia, per reperire i presidi medico-chirurgici essenziali che vengono forniti in misura insufficiente. Sono comportamenti che fin qui hanno visto impegnati soprattutto i medici dei servizi di frontiera, le caposala e gli infermieri professionali, e non solo, ma che non è dato sapere se e fino a quando continueranno, perché è un impegno che oggi non sembra essere più riconosciuto, apprezzato e neppure minimamente retribuito. Lo confermerebbe l’ultima presa di posizione sindacale, sottoscritta unitariamente da tutte le rappresentanze dei lavoratori, che porta alla luce un disagio diffuso che data da almeno due anni e che la Direzione Strategica (Direzione Generale, Direzione Sanitaria, Direzione Amministrativa) non ha saputo o voluto cogliere. Una presa di posizione, quella dei sindacati, circostanziata e dura, che di per sé ci potrebbe anche stare in un rapporto dialettico, ma che, in questo caso, porta alla luce anche aspetti potenzialmente dirompenti. Il primo è una non troppo celata dichiarazione di sfiducia nei confronti della Direzione Strategica, accusata di una gestione autarchica e autocratica, il secondo è la discrasia che si è determinata fra i servizi sanitari e quelli amministrativi, Personale e Approvvigionamenti soprattutto, che pure avrebbero ragione di esistere solo a supporto dei servizi sanitari.

Da qualunque parte si guardi la questione, e qualunque giudizio si voglia esprimere nel merito, quel che appare evidente è che è mancato, o, meglio, a detta delle organizzazioni sindacali, non si è voluto, un dialogo e un confronto serio e costruttivo fra le Parti per comporre in in ottica il più possibile condivisa le rispettive esigenze e per concordare almeno le modalità operative indispensabili per limitare i danni nell’attuale situazione di crisi strutturale del sistema sanitario. Tutto verrebbe deciso solo dall’alto, e questo non facilita la cooperazione. Attualmente si registra, tra le altre, una carenza acuta di infermieri professionali, in parte per il prevedibile assommarsi dei pensionamenti, si perché anche gli infermieri invecchiano, in parte per la fuoruscita di chi non ha più motivazioni per restare e approda ad altri lidi meno tempestosi e stressanti.

Le risposte della Direzione, per garantire al personale rimasto la quota di ferie da usufruire nel periodo giugno-settembre, sono state la chiusura di cento posti letto, e saranno problemi seri per il Pronto Soccorso, e il diniego su ogni richiesta di aspettativa, indipendentemente dalle motivazioni, il che ha provocato non poca irritazione fra gli operatori. Nessuna risposta della Direzione, almeno finora, ai problemi sollevati dal documento sindacale e nessuna iniziativa è stata fin qui assunta per allentare la tensione.

La conseguenza, ovvia, è che il personale si sente snobbato da una Direzione che, peraltro, raramente si è messa direttamente in gioco nelle relazioni interne, per lo più delegate a un funzionario di rango minore. Lo stesso dicasi della Regione, pure chiamata in causa, da cui in passato sono partite improvvide coperture politiche delle posizioni più discusse, e che oggi, si impegna molto sui nuovi investimenti e su mega progetti, ma si tiene lontana anni luce dai problemi gestionali quotidiani, come se non la riguardassero. In questo si distingue l’Assessorato al Welfare, che pure dovrebbe avere competenze e responsabilità specifiche in tema di servizio sanitario regionale e di programmazione sanitaria, ma il cui titolare si è finora dimostrato fin qui solo prodigo di parole e di promesse per lo più non mantenute. Un problema di persone o di sistema? A Fontana l’ardua risposta.

Carlo Ballerio, già Direttore Amministrativo dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese

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Pubblicato il 11 Giugno 2018
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