La visione del cammino nasce al Cebreiro

La tappa regina con la salita oltre i 1300 mt ci regala scenari notevoli

Generico 2018

La salita al Cebreiro è stata baciata dal sole. Un vero regalo che si aggiunge a quello più grande degli scenari che si svelano tutt’intorno. 

L’emozione mi avvolge quando arrivo in cima e mi fermo davanti alla grande lapide che annuncia l’ingresso in Galizia. Provo un senso di gratitudine immenso per la vita, per gli affetti che ho, per le persone che incontro. Arrivare quassù è solo un momento di passaggio, ma dà un’idea del cammino che si sta facendo. Un cammino fatto non solo di un passo dietro l’altro, ma anche di riflessioni, pensieri, ascolto. Un cammino che ha la propria intensità nei ponti che permettono di attraversare mondi e che tengono insieme gli stessi. 

O Cebreiro non è solo un valico, un piccolo villaggio, una porta di ingresso all’ultima regione prima di Santiago. È anche un luogo che ha fatto la storia di questa antica via di pellegrinaggio. 

Fuori dalla chiesa si trova un busto di Elias Valina, lo storico parroco del Cebreiro che nel 1984, dopo aver fatto una tesi in dottorato di ricerca, percorse tutto il cammino segnandolo con frecce gialle. Era un visionario a suo modo e i fatti gli hanno dato ragione. 

Si racconta che un giorno la polizia lo trovò proprio a dipendere una freccia gialla. Alla richiesta su cosa stesse facendo rispose che stava preparando il terreno all’invasione dei pellegrini. Un’idea che ora può apparire scontata, ma si tenga conto che in quel periodo a Santiago arrivavano qualche centinaio di pellegrini all’anno. Nel 2017 sono stati 300mila, anche se la gran parte percorrendo solo gli ultimi cento chilometri.  

Valina è diventato un punto di riferimento e gli è riconosciuto un ruolo importante tanto che intorno alla statua si possono osservare tante targhe e incisioni che lo ricordano da ogni parte del mondo. 

O Cebreiro nel XIV secolo è stato teatro anche di un miracolo che vide protagonisti un contadino del villaggio di Barxamanjor e il prete che stava dicendo Messa. L’uomo aveva dovuto affrontare una tormenta di neve ed era arrivato in chiesa in ritardo rammaricandosi per questo. Il religioso derise quasi l’umile parrocchiano e durante l’eucarestia l’ostia si trasformò in carne e il vino in sangue. 

Nel 1488 Isabella la cattolica passando dal Cebreiro decise di portare via il calice del miracolo, ma i cavalli si rifiutarono di continuare e così decise di restituirlo alla chiesa dove tuttora si trova. 

Nella piccola chiesa ai trovano le descrizioni di queste storie anche se molti pellegrini passano senza soffermarsi a conoscere la storia e le tradizioni dei luoghi. Vale per gli aspetti religiosi, ma anche quelli della vita quotidiana delle popolazioni locali. 

Anche il nostro gruppo non è stato esente da questo aspetto. Arrivati in cima infatti Fabrizio, Paolo e Sabrina hanno deciso di proseguire la tappa malgrado l’energia e l’importanza che riveste O Cebreiro per il cammino. Il rischio è vivere la meta un po’ come una calamita. Appena si avverte la vicinanza si viene attratti e si inizia a pensare solo ad arrivare. 

Temo che così il cammino si concluda ben prima di fare l’ultimo passo davanti alla cattedrale. 

Per quel che conta la tappa di oggi mi ha fatto capire lo stato di forma. La scelta di dormire a Pereje è stata azzeccata perché ci ha permesso di accorciare le distanze odierne di cinque chilometri. Non è poco perché oggi li avremmo sentiti tutti nella salita finale. 

Sveglia prestissimo, poco dopo le 5 e partenza alle 6 quando ancora era buio. Riflettevamo che in questi giorni ci capita di andare a dormire che il sole non è ancora tramontato (qui lo fa alle 22.05) e ci alziamo quando ancora non è l’alba (7.05). 

I primi dodici chilometri sono pessimi. Tutti di fianco alla vecchia statale. Poi finalmente si devia anche se saranno necessari altri tre km per lasciare l’asfalto e iniziare a salire lungo un sentiero. Si salgono circa seicento metri negli ultimi otto km. Niente di cui preoccuparsi, soprattutto dopo tre settimane di cammino. Lo scenario che si apre è maestoso. In lontananza si vede fino si monti di Leon da cui eravamo passati due giorni fa. 

L’arrivo al Cebreiro è improvviso e con Giampaolo, Gigi e Costantino dobbiamo addirittura aspettare prima di poter entrare nell’ostello municipale che è ancora chiuso. 

Appena il sole lascia il posto ai nuvoloni neri, ci rendiamo conto che siamo in montagna e ci assale il freddo. 

Ci godiamo un po’ di meritato relax mentre piano piano piano L’ostello si riempie in ogni angolo. 

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 06 Luglio 2018
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