Le filiere di Ict, chimica e meccanica trascinano l’economia lombarda

Una ricerca della Business school della Liuc sulla competitività delle filiere e un'analisi sullo stato della ripresa economica di Ubi Banca convergono sulle conclusioni: le economie dei territori colonizzano l'asse pedemontano

Liuc generico

Si dice che tre indizi facciano una prova. In tema di economia reale gli indizi, precisi e concordanti sulla ripresa in atto, arrivano da una ricerca della Liuc, da uno studio di Ubi Banca e da un campione di 5.600 imprese manifatturiere della Lombardia con un fatturato sopra i 5 milioni di euro.

La ricerca dedicata al tema delle filiere e dei territori, realizzata dal Cerst (Centro sullo sviluppo dei territori) della Liuc business school, e l’analisi sulla ripresa, fatta da Pio De Gregorio, responsabile di Industry trends & benchmarking analysis di Ubi Banca, convergono sulle conclusioni: l’economia del territorio è viva, le filiere produttive stanno colonizzando l’asse pedemontano tra Varese e Brescia (con qualche sconfinamento nel mantovano) e tutti i confronti tra il 2008 e oggi in termini di ricavi, marginalità, occupazione e utilizzo della leva finanziaria sono incoraggianti.

La ricerca condotta dal direttore del Cerst, il professore Massimiliano Serati, e dal ricercatore Andrea Venegoni dal titolo “Filiere e territori: competitività e performance dei sistemi produttivi lombardi“, mette in evidenza la crescita di alcune filiere rispetto ai livelli pre crisi. «Abbiamo analizzato dieci filiere – spiega Venegoni -. Ebbene, Ict, chimica, meccanica e farmaceutica fanno registrare ottime performance rispetto al 2008, quella farmaceutica è in piena espansione su Milano, Bergamo e Brescia».

La chimica ha colmato i gap tra Bergamo e Brescia, la meccanica è radicata lungo tutto l’asse pedemontano, l’automotive conferma il suo asse produttivo tra Varese e Brescia con uno sconfinamento nel territorio di Mantova, nella gomma plastica si registra un effetto di aggregazione soprattutto nelle aree ad alta densità produttiva. «La specializzazione delle filiere – continua Venegoni – pesa sull’economia dei singoli territori. Nel sud della provincia di Varese ci sono tassi di specializzazione mediamente molto alti, in particolare nel tessile, nell’automotive e nella gomma plastica, mentre nel nord ci sono tassi mediamente inferiori e quindi più difficoltà nel radicamento di una filiera completa».

La localizzazione delle filiere è favorita dalle cosiddette “3 i“: innovazione, infrastrutturazione e istruzione. Le più competitive sono quelle ad alta intensità di conoscenza, come Ict, chimica, meccanica e farmaceutica, filiere in genere più propense ad innovare. A partire dal 2016 tutte le filiere sono tornate a investire, ma tessile, costruzioni e trasporti continuano a soffrire, mentre spiccano per produttività quelle a maggior valore aggiunto, ovvero chimica, farmaceutica e meccanica.

«Sono segnali positivi – conclude Serati – che non cancellano la fatica fatta dalle imprese negli ultimi dieci anni. In questa fase assistiamo a un’intrigante commistione tra new e old economy con i territori che progressivamente diventano sempre più globali. Uno stimolo per le filiere più dinamiche a colonizzare nuovi spazi».

(nella foto da sinistra: Pio De Gregorio e Luca Gotti di Ubi Banca, Michele Graglia presidente della Liuc, Massimiliano Serati direttore del Cerst e il ricercatore Andrea Venegoni)

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Pubblicato il 18 Luglio 2018
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