Calzaturificio Borri, uno sguardo al passato per capire il futuro

Uno sguardo alla storia di questo edificio che per decenni è stato il simbolo dell'operosità bustocca e che oggi torna a rinascere con l'intervento della Coop

calzaturificio borri

Con l’avvio dei lavori per la rimozione dell’eternit l’edificio più controverso di Busto Arsizio, il Calzaturificio Borri, entra in una nuova fase della sua vita; e forse se ne è già accorto. Sente le ruspe che gli lavorano accanto per la costruzione della nuova Coop (ormai alle battute finali), i taglialegna che abbattono i tigli del viale, la delegazione della multinazionale tedesca che gli ha fatto visita la scorsa primavera. Sente tutto questo e guarda indietro, pensa a quando tra le sue mura, lavoravano e vivevano bustocchi e non, attratti dal suo prestigio.

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Il calzaturificio Borri ieri, oggi e domani 4 di 14

Pensa al suo nome, quell’ingombrante “Calzaturificio Giuseppe Borri” che calca la sua facciata, Giuseppe Borri che sgomitando riuscì a portare avanti la sua passione (l’arte calzaturiera), e farla brillare tra le proverbiali cento ciminiere della città. Pensa e sente che la polvere si sta smuovendo, e, forse, dopo quasi trent’anni di abbandono crede finalmente di essere arrivato ad una svolta.

calzaturificio borri

Come quando, nel 1919, dopo essere stato impegnato come opificio tessile e poi come acquartieramento militare durante la Grande Guerra, fu acquistato dal Borri. L’imprenditore provvide al suo ampliamento e ristrutturazione, trasformandolo in uno stabilimento all’avanguardia. Non fece però in tempo a vedere la sua opera completa, essendo morto nel 1926, tragica conseguenza di un incidente nei lavori in fabbrica che seguiva personalmente. La famiglia ripartì dai figli e dalla solidità ereditata dal padre. Nel periodo delle imprese coloniali e della successiva guerra mondiale, forniva stivali con gambali in tela per i soldati impegnati nelle campagne d’Africa e si aprì alla produzione di calzature per bambino, ricorrendo anche a tecniche pubblicitarie moderne, quali volantini e partecipazione a esposizioni e fiere.

Nella fase post-bellica l’azienda contava 370 dipendenti (tra cui molte donne), e impostò la prima catena di montaggio “completa”: dal taglio del tessuto all’inscatolamento della scarpa. Se gli anni ’70 hanno rappresentato l’apice della produzione, il decennio successivo non sarà così clemente: la concorrenza delle scarpe sportive provenienti dagli Stati Uniti insidiò prepotentemente gli affari del Borri, che iniziò una fase discendente, fino ad arrivare, nel 1990, a cessare l’attività.

E’ tutto fermo da allora, lo stabilimento così come la sua storia, impantanati in paludi di burocrazia e polemiche. Adesso si intravede la luce in fondo al tunnel, anche se non è ancora chiara la destinazione finale dell’immobile. I momenti storici cambiano, ma l’indecisione sul Borri sembra sempre essere perenne.

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Pubblicato il 27 Agosto 2018
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