Sei felice? Se fosse merito del tuo metabolismo?

Paola Binda, nata a Varese e oggi ricercatrice all’Università di Pisa, ha vinto un finanziamento europeo, con l’obiettivo di dimostrare che il modo con cui gli uomini percepiscono il mondo attraverso i sensi può essere influenzato dalla personalità e dalle condizioni fisiche

Paola Binda

Si chiama Paola Binda ed è una varesina doc diplomata all’Istituto Cairoli. Attualmente lavora come ricercatrice presso l’Università di Pavia e grazie al suo ultimo progetto ha vinto un finanziamento da parte del Consiglio Europeo della Ricerca di 1,5 milioni di euro.
L’obiettivo del suo progetto è estremamente ambizioso: studiare come la personalità e il metabolismo condizionano il modo con cui gli esseri umani percepiscono il mondo che li circonda, in particolare attraverso la vista.

Paola Binda

“L’intestino è il secondo cervello”, questa affermazione è una delle idee più innovative che stanno interessando il mondo delle neuro-scienze e della psicologia. «Si sa ancora pochissimo su come il sistema digerente possa influenzare il nostro sistema nervoso – ha spiegato Paola Binda -, quello che vogliamo dimostrare è che si può modificare il nostro modo di pensare, anche solamente cambiando abitudini alimentare».
«Per esempio – ha aggiunto la ricercatrice – durante un digiuno prolungato il nostro organismo produce delle sostanze chiamate corpi chetonici.
Queste molecole sono in grado di fornire energia al nostro cervello, ma allo stesso tempo gli trasmettono informazioni sulle condizioni del nostro corpo». Questo particolare “scambio di messaggi” tra il sistema digerente e il cervello è già stato dimostrato negli animali. Paola Binda e i suoi collaboratori vogliono riuscire a provare che questo fenomeno si verifica anche negli esseri umani.

Il secondo obiettivo della ricerca guidata da Paola Binda si basa sulla ipotesi per cui il diametro della pupilla è in grado di rivelare tratti della nostra personalità. Uno studio pubblicato il 6 marzo ha già dato i primi risultati. L’esperimento ha infatti dimostrato come le variazioni del diametro pupillare durante la visione di una semplice illusione ottica siano in grado di suggerire piuttosto chiaramente la presenza dei tratti di personalità di tipo autistico.

La ricerca ha coinvolto 50 giovani adulti con tratti autistici, ma senza un disturbo diagnosticato. Tutti i partecipanti hanno dovuto osservare su uno schermo un’illusione ottica composta da alcuni pallini bianchi che scorrevano verso sinistra, sovrapposti a dei pallini neri che scorrevano verso destra, in modo da formare quello che a molti sembra essere un cilindro che ruota.
Durante l’esperimento i ragazzi venivano filmati in modo da rilevare le variazioni nelle dimensioni delle pupille. Per comprendere lo studio  è necessario ricordare che chi è affetto da autismo vede le cose in modo diverso rispetto agli altri.
Secondo quando ha spiegato David Burr, professore di psicologia fisiologica dell’Università di Firenze e collaboratore di Paola Binda, una persona autistica di fronte all’immagine di una foresta probabilmente si concentrerebbe solo su un singolo albero.
I giovani che si sono dovuti concentrare prima sui pallini di un colore e poi su quelli di un altro hanno presentato una variazione nella dimensione della pupilla  maggiore rispetto a coloro che sono riusciti a guardare l’immagine come un insieme.

I partecipanti hanno dovuto compilare anche un test che permette di stimare la quantità di tratti di tipo autistico presenti in una persona, maggiore è il risultato della prova, maggiori sono i tratti. Infine i dati rilevati durante l’esperimento sono stati paragonati ai risultati del test: i ragazzi che hanno ottenuto punteggi alti nella prova scritta hanno avuto anche una maggiore variazione nella dimensione delle pupille.
L’obiettivo di Paola Binda è applicare questo metodo anche a individui molto giovani. «È veramente difficile tenere i bambini affetti da autismo in una struttura per svolgere esami molto lunghi – ha concluso Paola Binda -. Con questa nuova analisi riteniamo di poter diagnosticare il disturbo in maniera piuttosto precisa e in tempi brevi».

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Pubblicato il 01 Agosto 2018
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