Pronti ad andare a Roma. Campione d’Italia risponde al silenzio della politica
La situazione dei lavoratori del casinò di Campione d'Italia sembra senza sbocco. Fagone (Slc Cgil): «Se non manderanno loro due commissari, andremo noi a Roma. La politica e lo stato sono assenti»
L’ultimo atto è stata l’occupazione del municipio. Non c’è da meravigliarsi, perché i lavoratori del casinò, ma anche quelli del comune, i pensionati e i cittadini di Campione d’Italia, dopo la dichiarazione di fallimento della casa da gioco del 27 luglio scorso, sono rimasti come sospesi in un limbo. «Dall’esasperazione si è passati alla disperazione – spiega Giovanni Fagone, segretario generale Slc Cgil di Como – perché la politica si è dimostrata sorda e inesistente. Questa comunità è stata abbandonata a se stessa».
Fagone non utilizza a caso la parola abbandono, perché oggi in quella striscia di terra italiana in territorio elvetico i servizi essenziali vengono erogati dagli svizzeri e non dallo Stato italiano. Così come il reddito dei dipendenti del Casinò viene garantito dalla Seco, la Segreteria di Stato dell’economia, perché essendoci di mezzo il fallimento non possono accedere al fondo di integrazione salariale. «L’Italia non interviene più – continua il sindacalista – e gli svizzeri pur sapendo che quei servizi non gli verranno mai ripagati, continuano a erogarli, forse per un fatto di gratitudine».
Il casinò, istituito con una legge dello Stato, serviva un’intera collettività che non era costituita solo dai dipendenti della casa da gioco, ma anche da altri lavoratori, impegnati nel pubblico e nel privato, pensionati e cittadini. Quasi duemila persone molte delle quali oggi non hanno più una prospettiva perché è venuta meno l’economia che sosteneva la loro comunità. Secondo il sindacato, in questa situazione, hanno giocato un ruolo negativo anche i luoghi comuni che, nel caso di Campione e del suo Casinò, si sprecano, soprattutto quando si parla degli stipendi dei dipendenti. Negli ultimi sei anni i lavoratori hanno rinunciato al 35% della retribuzione pur di salvare il loro posto di lavoro. Inoltre c’è il tenore di vita che a Campione d’Italia è equiparato a quello svizzero. «Il neoliberismo ci fa credere che chi pulisce i cessi sia paragonabile a chi è ricco – aggiunge Fagone – ma non è proprio così. Vivere a Campione è come vivere in Svizzera: un normale appartamento di 80 metri quadri costa 500mila franchi. Ci sono lavoratori, e parliamo di persone normali, che hanno contratto un mutuo per poter prendere casa e ora si ritrovano con un ammortizzatore sociale sperequato, cioè non sufficiente. Ecco perché la politica dovrebbe intervenire, perché a Campione si sta compiendo un’ingiustizia. Noi siamo già pronti per andare a Roma».
C’è infine un tema relativo alla struttura del Casinò che, se rimane chiuso per troppo tempo, rischia un veloce deperimento. «L’assenza di aria condizionata – conclude Fagone – per esempio sta già deformando gli infissi. Anche le macchine da gioco potrebbero subire danni. Non sarebbe una cattiva idea se da Roma con un decreto mandassero due commissari per tenere aperto e garantire un minimo di manutenzione. E se non verranno loro, a Roma ci andremo noi».
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