L’Anpi ricorda la tragedia delle leggi razziali: “Colpì un centianio di bustocchi”

Serata per non dimenticare nelle sale di via Pozzi a 70 anni dalla firma del regio Decreto che le istituì da parte di Vittorio Emanuele III su ordine del governo

anpi busto arsizio

Le sezioni A.N.P.I. di Busto Arsizio e Varese si ritrovano nella sala Verdi di via Pozzi e riflettono sulle leggi razziali (nell’80° anniversario delle loro emanazione) e sul loro legame con la monarchia: la serata pare essere stata organizzata molto prima del vespaio che accompagna l’arrivo in città di Emanuele Filiberto, in occasione dell’inaugurazione della piazza Vittorio Emanuele II, vicenda che ormai ha attirato l’attenzione della stampa nazionale ed esasperato il clima politico cittadino.

“Non potevamo esimerci- afferma Liberto Losa, presidente della sezione bustocca- da ricordare questo anniversario. 70 i deportati prigionieri politici, qualche decina gli ebrei che subiscono la stessa sorte negli anni della seconda guerra mondiale. Le istituzioni che abbiamo oggi sono nate dalle ceneri di quel periodo oscuro, e le stesse istituzioni dovrebbero avere una sensibilità diversa da quanto dimostrato nell’ultimo periodo, dato che i Savoia possono essere considerati responsabili di quanto accaduto”.

Il programma della serata si declina con un intervento di Roberto Ghiringhelli, professore di storia in Cattolica, che traccia il contesto storico nel quale furono adottate le leggi. Sebbene l’intero processo nasca il 5 di settembre, il 17 novembre 1938 entrò in vigore il decreto che toglieva ogni diritto e invitava ad emigrare.

Invece il presidente della sezione Aned di Milano (Associazione Nazionale Ex-Deportati), Leonardi Visco-Girardi si concentra sui dispersi in tutta Europa: “Gli stermini erano 2: quello per la colpa di essere qualcosa e quello tramite il lavoro. Oltre 10mila sono posti di lavoro che “creavano” i lager. Non vanno dimenticati le responsabilità della monarchia nell’abbandono dei soldati italiani, dopo l’8 settembre, che non avevano neanche lo status di prigionieri di guerra e sono stati lasciati in preda della furia nazista”.

A testimonianza della comunità ebraica della città la dottoressa Anna Habermann, medico e autrice del romanzo “il labirinto di carta”.“Ho scoperto le mie origini per caso, una cassetta di sicurezza nascosta in casa dei miei genitori piena di documenti, che mi hanno spinto a cercare le mie vere origini. Dopo 15 anni di ricerche ho scoperto di non essere né cattolica né italiana e neanche figlia unica. Il mio compito è essere testimone di una sofferenza spesso dimenticata”. Ricalca la storia di Tosca Printzova, proprietaria di una farmacia in via XX settembre, che fu deportata con la figlia Milva in Polonia. “Vite spezzate perché costrette a lasciare Busto in conseguenza delle leggi razziali”.

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Pubblicato il 17 Novembre 2018
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