La casa va all’asta, ma intanto non possono chiedere un alloggio popolare

Il caso è stato sollevato dall'assessore saronnese ai servizi sociali Gianangelo Tosi, riguarderebbe un certo numero di casi di persone messe in grave difficoltà dalla crisi

tribunale busto arsizio

Ha preso carta e penne e a nome degli assessori ai Servizi Sociali del Saronnese ha scritto al presidente del Tribunale di Busto Arsizio per chiedere un aiuto concreto nella gestione dell’emergenza abitativa che attanagli molte famiglie.

L’impegno di Gianangelo Tosi, esponente della giunta del sindaco Alessandro Fagioli, non ha prodotto i risultati sperati e per l’assessore ai Servizi sociali saronnesi resta l’amarezza delle difficoltà che la burocrazia crea nella gestione dei cittadini colpiti da pignoramento immobiliare sulla casa di residenza che vengono allontanati dalla propria casa ma, restando proprietari fino alla vendita, sono impossibilitati ad accedere ad una casa popolare.

«Ora – chiarisce Tosi – a prescindere che questa norma è a mio parere incostituzionale perché viola il diritto di proprietà costituzionalmente garantito dall’art. 42 della Carta Costituzionale, giacché fintanto che l’immobile pignorato non venga venduto all’asta (e spesso ci vogliono anni) lo stesso è di proprietà del debitore che quindi deve avere il diritto di utilizzarlo, il problema nasce dal fatto che, una volta allontanato il proprietario debitore per ordine del giudice, questi non ha diritto ad accedere all’assegnazione delle case popolari perché ancora legalmente proprietario della casa pignorata dalla quale è stato allontanato».

Così è nata l’idea della missiva al presidente del tribunale per chiedere di «non applicare sistematicamente la norma che, altrimenti, crea una schiera di potenziali senzatetto ai quali i servizi sociali non possono dare aiuto per questa incongruenza tra le leggi dello Stato». La risposta non è stata risolutiva: «E’ arrivato un diniego perché a detta del presidente del tribunale sarebbe preminente l’interesse di tutelare i diritti dei creditori (cosa che non trova riscontro in alcuna norma costituzionale) favorendo un’ipotetica più rapida vendita all’asta degli immobili altrimenti poco appetibili se ancora occupati, sottolineando che, comunque, gli ordini di liberazione vengono impartiti a distanza di circa due anni dall’instaurazione delle procedure esecutive, lasso di tempo che a detta del Presidente, sarebbe più che sufficiente a consentire al debitore proprietario di reperire altre soluzioni abitative».

Grande l’amarezza di Tosi: «Non comprendo, però quali soluzioni alternative potrebbero trovare persone che se non sono più state in grado di pagare il mutuo, evidentemente non sono in grado nemmeno di pagare affitti di mercato e, per quanto spiegato poc’anzi, non posso accedere all’edilizia residenziale popolare». E chiosa: «Non posso che augurarmi che altri assessorati alle Politiche Sociali, non solo del nostro territorio ma di tutta Italia si sensibilizzino sulla questione e ne nasca un movimento d’opinione che porti alla modifica della norma. Basterebbe tornare alla formulazione precedente».

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Pubblicato il 08 Gennaio 2019
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