Scontri prima di Inter – Napoli, altri due ultras del Varese indagati

Dalle carte emergono nuove ricostruzioni dei momenti che hanno preceduto gli scontri: il giorno prima a Morazzone, a casa di Belardinelli, si sarebbero trovati gli ultras del Varese e quelli dell'Inter

Era stato tutto premeditato, organizzato, studiato a tavolino? Non la morte di Daniele Belardinelli, Dede, “il capitano” degli ultras del Varese, questo naturalmente no. Ma l’assalto ai tifosi del Napoli in via Novara a Milano, trasformata in un campo di battaglia con gruppi di ultras interisti rafforzati da “colleghi” del Nizza e del Varese, molto probabilmente sì.

Sono le carte dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Nino Ciccarelli, storico capo dei Viking, una delle frange del tifo organizzato nerazzurro, e Alessandro Martinoli, 45enne di Marchirolo, membro dei Blood Honour e amico di Belardinelli, a confermare quello che le voci di chi frequenta lo stadio dicono da settimane: l’assalto era premeditato, chi doveva sapere, sapeva di non dover passare o parcheggiare l’auto in via Novara la sera del 26 dicembre, perchè lì ci sarebbe stato l’agguato ai napoletani.

Dagli interrogatori e dalle carte emerge che il summit finale, prima del ritrovo al Pub Cartoon’s il giorno della partita, c’è stato a Morazzone, a casa di Belardinelli, il giorno di Natale: c’erano lui, insieme ad altri suoi compagni dei Blood Honour (oltre a Martinoli, arrestato, ci sono altri due indagati, personaggi noti per essere ai vertici del tifo organizzato del Varese e delle formazioni vicine all’estrema destra che gravitano nel Varesotto) e il capo della curva interista, Marco Piovella insieme ad altri ultras nerazzurri. Una riunione per festeggiare insieme il Natale o, come pensano gli investigatori, un vero e proprio summit per studiare gli ultimi dettagli in vista dell’assalto del giorno successivo?

Nel frattempo prosegue l’esame autoptico sul corpo di Belardinelli. Sempre dalle carte emerge che l’uomo, investito e schiacciato da una o due auto (saranno gli esami cinematici a stabilirlo), fosse vivo al momento del ricovero in pronto soccorso all’ospedale San Carlo di Milano. A Piovella, conosciuto come “Il Rosso”, Belardinelli avrebbe detto “Rouge aiutami, sono tutto rotto”, prima di essere caricato in auto e portato in ospedale da quattro persone. Stando agli interrogatori il39enne era cosciente, ha risposto ai medici dando le sue generalità e spiegando di essere stato vittima di un investimento stradale prima di perdere i sensi e, poche ore dopo, la vita.

L’autopsia, seguita da un nutrito pool di medici ed esperti, è eseguita da Cristina Cattaneo, anatomopatologa che si è occupata in passato di casi di cronaca come quello di Yara Gambirasio e quello di Lidia Macchi, la stessa anatomopatologa che partecipa a un progetto pilota per identificare profughi e migranti morti nel Mediterraneo e che ha trovato una pagella in tasca ad un 14enne del Mali annegato pochi giorni fa.

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Pubblicato il 20 Gennaio 2019
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