«Quella volta che io e De André litigammo per un si bemolle»

Il musicista varesino Flavio Premoli torna in scena con la PFM-Premiata Forneria Marconi in occasione del tour che celebra Faber, a vent'anni dalla sua scomparsa

Musica Generica

«Torno sul palco con la PFM, dopo dieci anni». Il musicista varesino Flavio Premoli dal 9 marzo sarà in tour con gli amici e colleghi con cui ha condiviso una parte importante della sua vita. «Mi hanno convinto a partecipare a questo tour e sono contento, ho voglia di tornare a suonare e zingare un po’ in giro ma c’è un problema: le date da dieci sono diventate una trentina, speriamo di farcela (ride ndr)».

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Dal 9 marzo la PFM-Premiata Forneria Marconi girerà tutta Italia con un tour omaggio a Fabrizio De André, a vent’anni dalla sua scomparsa e a quaranta dal loro primo sodalizio artistico, «non potevo dire di no, mi hanno convinto ad esserci. Tutto è nato da una serata al Dal Verme di Milano lo scorso anno: ho suonato come ospite per una ventina di minuti e il pubblico si è alzato in piedi per applaudirmi, è stata una grande emozione».

Ci anticipa qualcosa di questo tour?
«La scaletta è quella di quarant’anni fa, con tutti i brani che conoscete e che non possono mancare. Ci saranno poi una ventina di minuti dedicati a “La buona novella” per un motivo, contiene “Il Testamento di Tito”, il brano con il quale iniziò la collaborazione con De André».

Una collaborazione che i discografici dell’epoca definirono “un suicidio”…
«Il progetto sulla carta si presentava come una cosa osé ma i risultati sono stati quelli che conosciamo. Fabrizio non amava suonare dal vivo ma quel tour gli permise di tornare sul palco dopo molto tempo e di sentirsi protetto da un gruppo, da una tribù amica. Inoltre, lui viveva di provocazioni e quando gli dissero che il progetto “era sconsigliato” la prese come una sfida. E’ sempre stato così, detestava gli “Yes man”…».

Quanto vi arricchì reciprocamente questa collaborazione?
«Quella collaborazione ha lasciato un segno importante per il pubblico ma anche per tutti noi: Fabrizio era un artista unico. Noi gli abbiamo lasciato una musicalità che fino a quel momento non aveva, tanto che andò avanti ad utilizzare i nostri arrangiamenti anche successivamente. Noi imparammo, con molta modestia, il peso dei testi: con lui capimmo l’emozione che possono dare le parole. Non è un caso che nel nostro album successivo (“Suonare, suonare” del 1980 ndr) scrivemmo per la prima volta i testi».

Quali sono i tuoi ricordi di quel tour di quarant’anni fa? 
«Sono tanti e contrastanti. Nel periodo della nostra collaborazione, Fabrizio amava molto il whisky e poteva diventare difficile ma era anche un uomo che si faceva voler bene. Era una persona molto particolare: tanto ti faceva incazzare, tanto era capace di farsi amare».

Ricordi un episodio in particolare?
«Una volta litigammo per un si bemolle e ci mandammo a quel paese. Nel giro di poco però, trovai una sua bellissima lettere di scuse per me. Era un uomo così».

C’è un brano al quale sei più legato di altri?
«In quel periodo ci distribuimmo i “compiti” e iniziammo ad arrangiare e “vestire” i suoi testi; fu un lavoro impegnativo ma una volta trovata la chiave giusta il più era fatto. Sono molto legato a “Un giudice” e all’arrangiamento che nacque per la fisarmonica».

Oggi invece, quanto è cambiato il mondo musicale?
«E’ tutto più veloce. Io sono di quella generazione che suonava cinque ore a sera e si trovava per ascoltare un disco, oggi è tutto più rapido e veloce. Bisognerebbe ridare il giusto peso alla musica».

Il tour “PFM canta De André – Anniversary” farà tappa anche a Legnano e Milano ma le date sono sold out. Per tutte le date, i biglietti e le prevendite info su: www.pfmworld.com

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Gennaio 2019
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