Tradizione e innovazione convivono nella cooperazione

Intervista a Mauro Frangi presidente di Confcooperative Insubria. «L'innovazione va coniugata con il mutualismo e la centralità della persona. Questa è la sfida per cui ci stiamo attrezzando»

Economia generiche

«Quante persone lavorano nelle vostre cooperative associate?».
«Le nostre imprese occupano 10.339 persone». Tanta precisione non deve sorprendere perché nella risposta di Mauro Frangi, presidente di Confcooperative Insubria, è riassunta l’intera visione del movimento cooperativo: dietro un numero ci sono le persone e ogni persona è importante per il risultato complessivo. «Faccio approssimazioni solo quando parlo di fatturato – continua il presidente – ma con i lavoratori no, perché parliamo di esistenze, famiglie, padri, madri e figli». (foto da sinistra: Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative, e Mauro Frangi )

Frangi, fra poche ore ci sarà l’assemblea generale che avete intitolato “Costruttori di lavoro”. È una bella sfida, in un momento in cui il concetto stesso di lavoro è in crisi.
«Potrebbe sembrare una presunzione, ma i numeri ci dicono che in questi anni, con una crisi economica mondiale di mezzo, noi siamo cresciuti molto, almeno 1.500 lavoratori in più, tutti a tempo indeterminato, con contratti di lavoro subordinato che applicano contratti collettivi nazionali, cioè contratti veri e non quelli pirata per sfruttare i lavoratori. Non tutte le tipologie di impresa hanno prodotto questi risultati, le cooperative ci sono riuscite perché sanno fare bene il loro mestiere che è rispondere in modo condiviso ai bisogni della comunità. Ecco perché abbiamo scelto quel titolo, perché dentro una situazione negativa immaginarsi un lavoro condiviso è un’opportunità che in molti ambiti diventa una risposta efficace. Il tema del lavoro è centrale perché senza lavoro non si crea sviluppo e neanche inclusione e coesione sociale. Se qualcuno pensa che tutto questo si possa generare attraverso i sussidi, si sbaglia, perché l’effetto è la deresponsabilizzazione».

Il sociologo dell’Università dell’Insubria, Lelio Demichelis, ha da poco pubblicato un libro intitolato “La grande alienazione”. La tesi è interessante: la tecnica da una parte e l’ideologia neoliberale dall’altra hanno dato l’illusione di aver cancellato l’alienazione. In realtà siamo forse più alienati di prima con il rischio di una delega senza ritorno agli algoritmi. La cooperazione può fare da argine a questa situazione?
«La cooperazione è da sempre una risposta all’alienazione. La mancanza di lavoro oggi è un fatto e al momento non è sicuro che le nuove tecnologie riescano a creare i posti di lavoro mancanti. C’è un dato del rapporto Censis che è inequivocabile: in Italia la quantità di ore lavorate si è sensibilmente ridotta dal 2007 al 2017, passando da 46 milioni a 43 milioni di ore. Il lavoro che manca da dove può venire? Non verrà certo dalla pubblica amministrazione, né dalle grandi imprese e tantomeno da quei settori in cui l’innovazione tecnologica sostituirà la fatica delle persone. Bisogna rimettere al centro l’impresa e investire su quelle che creano più posti di lavoro, scommettendo anche sull’autoimprenditorialità delle persone».

Il reddito di cittadinanza è una risposta?
«Non lo può essere nel momento i cui deresponsabilizza il cittadino. Nel mondo cooperativo esiste già un’esperienza simile che è figlia di una buona politica pubblica. Ai lavoratori di un’azienda in crisi che si costituiscono in cooperativa per farla ripartire viene data in anticipo la Naspi, che è un’indennità mensile di disoccupazione, a condizione che sia investita nell’impresa. Così dovrebbe essere anche per il reddito di cittadinanza, cioè farlo diventare un volano di sviluppo. Gli sforzi di tutti si devono concentrare su questa priorità, perché in Italia c’è un clima contro l’impresa molto diffuso».

Cosa fa il movimento cooperativo per combattere questo clima?
«Fa impresa mettendo al centro la persona. In un’ottica di breve periodo si possono fare soldi mettendo al centro i soldi, ma nel lungo periodo non funziona perché è solo mettendo al centro le persone che si garantisce lo sviluppo. È l’esperienza a dimostrarlo e solo così si possono affrontare seriamente i grandi temi dell’inclusione e della coesione sociale. Mettere al centro il binomio lavoro-cittadinanza è fondamentale perché il lavoro non è solo un modo per avere reddito, ma è una forma di crescita personale, un’esperienza di collaborazione tra persone ed è l’unico modo per costruire cittadinanza. Il mondo cooperativo mette insieme le persone che tra pari fanno impresa condividendone la proprietà».

C’è un problema di reputazione che riguarda una parte del mondo cooperativo. Voi eravate tra coloro che avevate proposto una iniziativa di legge popolare contro le false cooperative, a che punto è?
«Non è stata convertita in legge anche se nello scorcio dell’ultima legislatura alcune norme contenute in quella iniziativa sono state recepite dal legislatore. Nel nostro Paese esiste un fenomeno reale riguardante il lavoro nero e il lavoro grigio in tre aree: nell’agricoltura con la piaga del caporalato, nella logistica e nelle esternalizzazioni pubbliche fatte per tagliare i costi. In quest’ultimo ambito l’azione di contrasto sia legislativo che operativo ha trovato un valido sostegno nell’eliminazione della figura dell’amministratore unico che di fatto rende più difficili certe condotte. Dei tre milioni di persone coinvolte in questa area grigia sono poco più di 100mila quelle che fanno riferimento a false cooperative. L’intero sistema di rappresentanza delle imprese dovrebbe combattere questo fenomeno».

L’assemblea di venerdì 11 gennaio affronterà il tema della transizione: da una parte l’avvento del digitale, che ci proietta verso un futuro su cui è difficile fare previsioni, dall’altra la tradizione che è un patrimonio da valorizzare.
«
Confcooperative compie un secolo di vita, affonda le radici della sua storia nel Novecento. È bene non dimenticarlo. In nome di questa storia straordinaria premieremo le cooperative centenarie perché sono un esempio di resilienza e resistenza. Parliamo di imprese che hanno affrontato, adattandosi, molti avvenimenti straordinari: una guerra mondiale, due crisi economiche epocali, il passaggio dalla monarchia alla repubblica, il viaggio sulla Luna, la caduta del muro di Berlino. E poi c’è il tema dell’innovazione che va coniugato con il mutualismo e la centralità della persona. Tra gli ospiti ci sarà Stefano Soliano, direttore generale di ComoNext, un incubatore di startup innovative,  con lui affronteremo il problema di come tenere insieme questi due mondi. Questa è la sfida per cui Confcooperative Insubria si sta attrezzando».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 10 Gennaio 2019
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