Zamberletti e l’abbraccio della sua gente

I diversi momenti di una giornata storica per Varese: l’addio ad uno degli interpreti migliori di una stagione passata. «Ricorderemo sempre Giuseppe»

I corazzieri l’hanno accolto fuori dalla basilica di San Vittore. Ma il primo picchetto d’onore destinato a proteggere il feretro di Giuseppe Zamberletti era composto dai suoi uomini, gente di popolo fatta di baffi e barbe lunghe alla moda degli alpini, persone con mani grandi che quando ti puntano gli occhi addosso non mollano perché sono abituati ad arrivare allo scopo a tutti i costi.

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Cittadini e volontari per l’ultimo saluto a Zamberletti 4 di 36

Molti dei 12 volontari dell’Ana di Varese erano volti noti sul fronte delle fiamme delle scorse settimane in Valganna: hanno dormito e vissuto lì, praticamente, per giorni. Erano la fanteria della protezione civile, quella inventata dal ministro varesino.

DOMENICHINO IL RICORDO DI UN DOLORE – Uno di questi è Geremia Vanini un cognome che, per chi conosce le valli, vuol dire un solo paese: Brinzio.
Geremia era piccolo, ricorda appena, ma ha qualcosa che lo accomuna nel dolore, con l’illustre varesino: perse anche lui un fratello di leucemia, ricoverato nella stessa stanza di Domenichino, fratello di Zamberletti, anch’egli scomparso in tenera età divorato da quella malattia. «Giuseppe veniva spesso a Brinzio, lo ricordo alle feste degli alpini. Ci voleva bene, era, alla fine, uno di noi». Un compagno di picchetto lo ricorda: «Andammo a trovarlo a Santo Stefano, era convinto di uscire dall’ospedale per la fine dell’anno. Ma non fu così».

Sono le 10.15 di un assolato martedì e il feretro si prepara a muoversi per ricevere i giusti onori.

LE PAROLE DI UN TEMPO – Ma prima c’è un uomo anziano che si avvicina al feretro, è lì per un amico. Si chiama Mario Mauri e negli anni ’70 era sindaco a Brinzio, conosceva profondamente Zamberletti e con l’eloquio fuori dal comune che contraddistingue i politici della Prima repubblica non fatica a parlare delle due qualità rare di cui era dotato il senatore Dc.

«Accomunava uno straordinario concreto genio pratico ad una raffinata intelligenza politica e ne ha fatto un personaggio particolare, legato ai senso del dovere e alla bontà dei servizi resi al Paese. Aveva una capacità culturale e di analisi fuori dal comune».

Il corteo parte verso la basilica: in Corso Matteotti due ali di folla aspettano il feretro. L’auto che entra in retromarcia dall’Arco Mera. E cala il silenzio.

Generico 2018

INDIA ZERO ZULU MIKE ECHO – Diversi dai nostri, per le divise, i volontari della protezione civile friulani spiccavano nella folla di cappelli, gagliardetti e uniformi che punteggiavano piazza San Vittore. Uno di loro ha la coccarda “Radiocomunicazione emergenza”, si chiama Giovanni Giol e racconta di quando, dopo il terremoto del 1976, gli unici sistemi di comunicazione erano rappresentati dalla radiofrequenze utilizzate dai radioamatori. Zamberletti (ma anche Cossiga) era uno dei tanti radioamatori italiani, e pensò subito a quel sistema di comunicazione per raggiungere i luoghi delle tragedie: non arrivava la televisione, i telefoni erano muti «Ma noi potevamo comunicare subito per scambiarci le informazioni».


Il nome che Zamberletti si era scelto per il CB era quello di Zorro
. Mentre per le radiofrequenze amatoriali il nominativo ministeriale era “I0ZME” che Giol, presidente regionale dell’Associazione Radioamatori Italiani del Friuli declina con l’alfabeto fonetico radiotelegrafico, noto anche come l’alfabeto Nato, quello in uso dai militari: “India Zero Zulu Mike Echo”.
Venne creata la primissima rete di comunicazione di emergenza Nel sito friulano del comitato regionale ci sono le comunicazioni dei radioamatori dei primissimi momenti seguenti il terremoto. «Per noi in Friuli, nonostante la nostra gente, senza Zamberletti non avrebbe avuto quella ricostruzione».

Sul maxi schermo si alternano le immagini dei poteri spirituali e temporali del Paese. Sono quelle dell’arcivescovo Mario Delpini, che ricorda la grande amicizia con Aldo Moro «e il bene fatto nella lotta alle ferite della terra e degli uomini». Il Capo dello Stato Sergio Mattarella, e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in prima fila, ascoltano.

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GEMONA – Roberto Revelant, classe 1978 è sindaco di Gemona: sfoggia fuori dal sagrato della basilica con grande orgoglio la sua fascia tricolore. Non era nato, Revelant, quando la terrà tremò e distrusse il paese. Ma ha portato qui a Varese l’ultimo saluto della sua gente per quello che in Friuli per tutti era, è, e sarà «Giuseppe».

«Non avete idea di quella che sia a Gemona la considerazione che i miei concittadini hanno per l’onorevole Zamberletti. Una persona saggia che ha saputo coordinare i soccorsi, salvando molte vite e permettendo di ricostruire in maniera rapida il futuro del nostro territorio».

La cronaca dei funerali

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Gennaio 2019
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