Conoscenza e uso intelligente dei dati i due pilastri della banca del futuro

Il tradizionale bancocentrismo delle imprese italiane è destinato a finire. Imprenditori sempre meno fidelizzati e sempre più digitalizzati guardano a strumenti alternativi per finanziare il loro business

bancario

Dire che le imprese italiane sono bancocentriche, può apparire come  un’affermazione scontata e ineluttabile. Del resto il rapporto degli imprenditori nostrani con le banche è sempre stato simbiotico, al limite del patologico. E ogni qualvolta si propone un confronto con altre economie avanzate, appare chiaro che il bancocentrismo è una specificità tutta italiana. Da qualche anno, grazie alla spinta della digitalizzazione e al ricambio generazionale nelle imprese, quel rapporto sembra cambiato. Gli imprenditori per finanziare il loro business stanno sperimentando altri percorsi, diversi da quello bancario. Si affidano con sempre maggiore frequenza alle piattaforme fintech, ricorrono a minibond,  private equity, venture capital, crowdfunding e quotazione in borsa.

Quattro anni fa Anna Gervasoni, docente di Economia e gestione delle imprese all’università Liuc e direttore di Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt), scrisse “Come finanziare l’impresa” (Guerini Next). Il libro, che affronta alcune questioni centrali nel dibattito sull’accesso al credito delle Pmi, non mette in contrapposizione il sistema bancario con gli strumenti alternativi, ma sollecita piuttosto una presa d’atto: poiché il mondo intorno alle imprese è totalmente cambiato, fare innovazione finanziaria è una priorità dell’intero sistema.

Ora è indubbio che la ritrovata consapevolezza delle imprese di poter sperimentare vie alternative al finanziamento è destinata a incidere profondamente sul loro rapporto con le banche. Un rapporto meno sbilanciato ed esclusivo rispetto al passato che impone agli istituti di credito un cambiamento radicale nel loro modo di fare banca, a partire dalla modalità di relazione con il cliente.

Le banche del futuro“, un’indagine realizzata da The European HouseAmbrosetti e dall’agenzia per il lavoro Openjobmetis su un campione significativo di aziende basate in Italia, traccia in modo chiaro il perimetro di quel mutamento. Gli imprenditori sono sempre meno fidelizzati e l’interazione delle aziende con le banche in ambito professionale diventa sempre più digitale. I fattori che inducono un’azienda a cambiare banca sono molteplici: si va dalle condizioni economiche alla presenza di un gestore dedicato, dalla strategia omni-canale all’offerta di nuovi servizi. «In questo nuovo scenario – scrivono gli autori dell’indagine  – si inseriscono attori “non tradizionali”, come Fintech e Big Tech, che fanno del focus sul cliente e dell’uso della tecnologia il loro paradigma di riferimento. Queste aziende prosperano grazie all’utilizzo intelligente dei dati che costituisce il loro asset principale: la conoscenza, un patrimonio tipicamente immateriale che è il vero generatore dei loro profitti».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 09 Aprile 2019
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