L’assicurazione sulla birra si chiama sostenibilità ambientale
Carlsberg Italia ha presentato in un convegno le azioni per contrastare l’impatto dei cambiamenti climatici sul territorio. Il punto sull'acqua
Cosa fare se l’acqua della Valganna cominciasse a diminuire? È un quesito che mette sete due volte perché Valganna vuol dire birra, e birra a Varese è Carlsberg, a quanto risulta dal convegno ospitato questo pomeriggio a Palazzo Estense la prima azienda del settore agro alimentare in Italia ad aver aderito al progetto quadriennale Life Iris, nato con la consapevolezza delle conseguenze dei cambiamenti climatici sul settore dell’industria.
Sulla base di un’analisi condotta, Carlsberg ha individuato nella fase di partenza del progetto i principali fattori di rischio per il territorio e per l’azienda dovuti ai cambiamenti climatici (i pericoli sono ondate di caldo, freddo, siccità, incendi e precipitazioni record) e di conseguenza ha individuato “azioni resilienti” per organizzare le proprie attività.
Quali? Ne ha parlato l’amministratore delegato Alberto Frausin: dall’installazione dell’impianto di pastorizzazione “flash” (minor produzione di Co2 e 10% in meno di fabbisogno idrico nei processi) al programma “open air job” che consente ai dipendenti di svolgere alcune delle proprie attività lavorative all’interno del parco, agli interventi di salvaguardia delle piante del parco alla sensibilizzazione dei fornitori.
E poi la questione dell’acqua.
Il sindaco di Varese Davide Galimberti giura di aver visto da qualche parte – forse nella stessa birreria – alcuni manifesti d’epoca con scritto “Varese città della birra”. Una quasi verità: Induno Olona, sede dello storico birrificio Poretti, non è Varese, ma per il capoluogo si tratta di qualcosa che molto somiglia al giardino di casa dove si cela un tesoro che è materia prima per gli appassionati: l’acqua, appunto. Elemento principe della vita, dalla carsica Valganna, dalla Fontana degli ammalati, sgorga a venti litri al secondo il liquido puro che si trasformerà dopo varie “cotte” a base di altrettanti luppoli, in birra.
Per questo una delle azioni legate allo studio dei cambiamenti climatici non poteva non avere attinenza sull’acqua. Lo ha spiegato Alessandro Uggeri, idrogeologico, che ha presentato il sistema di cavità carsiche di cui è composto il reticolo idrico che abbevera la birreria, composto appunto dalla Fontana degli ammalati per la produzione e due altre fonti importanti, ai Mulini Grassi, per il funzionamento degli impianti.
«Fino ad oggi nessun problema – ha detto l’esperto – , ma si stanno facendo studi con modelli di calcolo che rapportano periodi di siccità con le portate idriche delle sorgenti. Esiste una relazione fra questi due fattori. Per questo sono stati posizionati sensori alle sorgenti per prevedere modelli di crisi, e in caso di secca potrà utilizzarsi l’acqua dei Mulini Grassi o dell’acquedotto di Induno Olona».
Questo progetto Life Iris è una sorta di “assicurazione” sulla birra, insomma, ma che potrebbe valere su ogni altro prodotto sottoposto alle medesime attenzioni scientifiche legate però non solo – è naturale – ad una attività economica, bensì alla domanda di fondo: quali azioni possiamo fare, (tutti, dai consumatori finali, ai manager, alle aziende) per migliorare la qualità dell’ambiente in cui viviamo? La risposta non è semplice, ma le sempre più marcate sensibilità ambientali sviluppate nell’opinione pubblica da una decina d’anni a questa parte sembrano spingersi verso modelli di consapevolezza che partono proprio dalle scelte del singolo – e non del “sistema” – percepite come le più efficaci per proteggere le risorse. Lo ha spiegato il professor Marco Frey che insegna queste materie alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e allo Iuss di Pavia.
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