Francesco Kolnikaj, dall’Albania alla contrada Sant’Ambrogio: “Ho scoperto il mio Brasile”
Nativo dell’Albania, ma in Italia dall’età di 16 anni, si è presto integrato grazie alla scuola di italiano e alla contrada di Sant’Ambrogio: “Ormai non c’è Legnano senza Palio”
Prosegue il racconto del Palio di Legnano in vista dell’appuntamento del 2 giugno. Prosegue anche la collaborazione con Legnanonews nel raccontarvi un personaggio per ogni contrada. Tocca a Francesco Kolnikaj
Francesco Kolnikaj (al centro nella foto), in Italia dal 2005 e precisamente a Legnano, si è subito integrato in città iscrivendosi alla Scuola di Babele per imparare la lingua italiana e poi iniziando a partecipare attivamente nell’ambito dell’oratorio fino a realizzarsi lavorativamente iniziando un’attività in proprio.
Si è avvicinato al mondo del Palio di Legnano solo qualche anno fa, su invito di un collega di lavoro, ma, in realtà, lui sapeva già tutto: «La mia vita in contrada è iniziata quando un architetto mi ha invitato a scoprire cosa fosse il Palio e tutto il mondo che ci sta dietro, ma io ne avevo una bella idea già da tempo grazie al Gran Maestro Norberto Albertalli, che, parlandomene sempre, mi ha aperto un mondo» racconta Francesco.
Inizialmente era un po’ disorientato, mentre ora è una seconda casa: «La prima volta che ho messo piede nella contrada di Sant’Ambrogio pensavo c’entrasse qualcosa con il Brasile, mi sono proprio chiesto cosa fosse e cosa volesse dire tutto quel giallo e verde. – Ride il contradaiolo – Ora, invece, dopo la prima sfilata nel 2017, da priore e nelle vesti di uno dei tre saggi, posso dire che, per me, non c’è Legnano senza Palio».
«Invito chiunque, anche di diverse comunità, a vivere il Palio e, allo stesso modo, invito le persone all’interno di questa immensa famiglia ad aprirsi agli altri perché solo così possiamo creare tanto. Viviamo una vita di cambiamento e abbiamo bisogno di unione per andare avanti. – Ricorda il “saggio” giallo-verde – Per questo tempo fa ho invitato, ad unirsi alla nostra contrada, due ragazzi del Senegal e dopo la prima serata insieme, ricordo, che mi hanno chiamato per ringraziarmi, perché si sono sentiti inclusi e parte della comunità».
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