#KuToo: l’hashtag delle donne giapponesi contro i tacchi delle divise aziendali
Era gennaio, quando l’assistente di una ditta di pompe funebri di Tokyo, Yumi Ishikawa postava un “tweet” che recitava “Se le donne potessero indossare scarpe del genere, il nostro lavoro sarebbe meno scomodo”
Era gennaio, quando l’assistente di una ditta di pompe funebri di Tokyo, Yumi Ishikawa postava un “tweet” che recitava “Se le donne potessero indossare scarpe del genere, il nostro lavoro sarebbe meno scomodo”, corredato da una foto di scarpe comode e dall’hashtag “#KuToo”, mix della parola “kutsu” (scarpa) e del celebre hashtag “MeToo”. Di lì a pochissimo questo “cinguettio” è stato condiviso più di 30mila volte e “likato” più di 68mila. E’ in questo modo che l’hashtag è diventato popolarissimo tra tutte quelle donne costrette, sul lavoro, a passare intere giornate su tacchi a volte alti anche 15 centimetri. Argomento spinoso, in Giappone, questo dei tacchi: sul sito change.org è stata addirittura creata una petizione contro quella che le donne nipponiche vedono come una “piaga”, indirizzata al Ministero della Salute e che conta già più di 15mila firme. Pare, infatti, che a Tokyo, quello di lavorare sui tacchi, sia praticamente un must. Così come è un must quello di indossarli, i tacchi: pare che l’hotel Hilton di Osaka abbia offerto sconti e promozioni speciali alle donne che si presentavano alla cassa con ai piedi dei tacchi; più alto il tacco, più alto lo sconto.
Eppure, quando si parla di divise aziendali, la questione è ben diversa e molto più delicata.
In Italia, la legge (T.U. 81/2008 sulla Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro) prevede l’obbligo di indossare una determinata divisa in tutti quei casi in cui essa tuteli e salvaguardi la salute del lavoratore. Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti che hanno contatti con il pubblico e che quindi fungono da biglietto da visita dell’azienda, la giurisprudenza prevede che quest’ultima possa dare delle indicazioni in materia di outfit.
Insomma, da quanto detto fin’ora sembra che le aziende che vincono in questo scenario siano quelle che permettono ai dipendenti di vestire comodi o che, magari, si affidino all’uso di una t-shirt aziendale che il lavoratore possa indossare con la stessa naturalezza con la quale indossa una t-shirt per uscire con gli amici o per praticare uno sport.
Del resto basta inserire il logo dell’azienda e il gioco è fatto.
E al diavolo la femminilità, se con le scarpe anti-infortunistiche si sta più comode che coi tacchi di 15 centimetri!
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
Giulio Moroni su Il grande gesto di Filippo Rovelli: si ritira dal campionato per lasciare il titolo a Luca Salvadori
lenny54 su La Finanza di Malpensa sequestra 23 milioni per una maxi evasione sugli orologi di lusso
Viacolvento su In più di 200 alla manifestazione per difendere il bosco di Via Curtatone a Gallarate
Andrea Camurani su “Chiamava ‘finocchio’ nostro figlio piccolo: siamo scappati da quella casa“
FrankLost su A Morazzone arriva la fibra ottica
lenny54 su “Chiamava ‘finocchio’ nostro figlio piccolo: siamo scappati da quella casa“
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.