La morte di Antonella ci faccia aprire gli occhi
Una lettera che parla di un grande dolore ma anche di una responsabilità che la società intera deve fare propria nei confronti di una sofferenza, quella psichiatrica, spesso non vista e non ascoltata
Roberta ci ha scritto una lettera che non è rivolta solo alla redazione di Varesenews.
E’ una lettera indirizzata a tutti noi, che parla di un dolore grande ma anche di una responsabilità che la società intera deve fare propria nei confronti di una sofferenza, quella psichiatrica, spesso non compresa, non vista, non ascoltata.
Ascoltiamo le parole di Roberta, ricordando sua sorella Antonella, scomparsa il 24 maggio di un anno fa.
Cara redazione di Varesenews,
un anno fa sulle vostre pagine è stata pubblicata la notizia della morte di “una donna della Valceresio”, ritrovata senza vita nel lago di Ghirla. Quella donna senza nome ha un nome, un volto e una storia: è nostra sorella Antonella, che abitava a Induno con la nostra cara mamma e frequentava il Cps – centro diurno della zona.
Perdendola, ci siamo rese conto di quanto la nostra società isoli coloro che, come lei, affrontano una situazione di malattia psichiatrica (in questo caso preciso, la sindrome bipolare) attraversando innumerevoli sofferenze e arrivando a decisioni estreme.
Di fronte a questa indifferenza ci siamo chieste il perché della paura così diffusa verso chi riteniamo diverso da noi. Basta poco per rendere queste persone parte della nostra vita e della nostra società: non ignorarle, ma salutarle e parlare con loro cercando di condividere, almeno parzialmente, la fatica che la vita comporta per tutti.
Antonella è stata una bella persona, generosa e pronta ad aiutare chiunque ne avesse bisogno, solare e piena di vita. Noi ricordiamo con affetto e nostalgia la sua bellezza e il suo cuore grande. La malattia le ha portato via poco alla volta tutto quello che aveva, le sue caratteristiche e persino la sua dignità.
Noi ci sentiamo di ringraziare chi è stato come un angelo durante questo lungo e difficile cammino fatto di ricoveri e terapie. Non portiamo rancore verso chi non si è sentito partecipe della nostra sofferenza, ma ci chiediamo se la collettività di cui facciamo parte non debba aprire gli occhi e accogliere in un modo più spontaneo, generoso e aperto chi soffre di disturbi psichiatrici.
La malattia psichiatrica che ci ha sottratto nostra sorella è un disturbo grave, che anni di terapie, assistenza amorevole, cura da parte nostra non sono riusciti a debellare. Tutti dovremmo riconoscere le malattie di questo genere come equivalenti alle altre, senza timore e senza vergogna, e dimostrare la nostra solidarietà nei confronti dei malati e delle persone più fragili, senza falsi pudori.
Ai medici spetta il difficile compito di diagnosticare e curare questi disturbi, ma anche quello di trattare i pazienti con umanità, rispetto, attenzione, valorizzando la comunicazione aperta e chiara e creando una vera rete protettiva insieme con i familiari e tutti gli operatori, che possa sostenere la fragilità di queste persone.
Il nostro vuole essere uno spunto per una riflessione generale e un incoraggiamento a comportarci tutti con maggiore attenzione, responsabilità e rispetto verso chi ci circonda. La morte di Antonella non sarà vana se causerà un cambiamento in positivo nelle nostre abitudini.
Rosetta e Roberta Nagero
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cara signora
personalmente le sono molto vicino infatti ha scritto un articolo bellissimo, che dimostra come nonostante abbiate subito una perdita cosi dolorosa, riesce a non portare rancore contro il prossimo, che come dice lei spesso ignora o addirittura ghettizza certe forme di malattia.
Spero che queste sue righe possano smuovere qualche coscienza .
cari saluti