La storia di Gabriele: la leucemia, lo sport e i pappagalli

Il ventenne del comune di Sumirago, ha scoperto di avere una forma aggressiva di leucemia che lo ha costretto ad un ricovero immediato e ad un lungo periodo di isolamento. La sua vita comunque non si è mai fermata

Gabriele Alzati

Durante l’estate della maturità Gabriele Alzati, ventenne del comune di Sumirago, ha scoperto di avere una forma aggressiva di leucemia che lo ha costretto ad un ricovero immediato e ad un lungo periodo di isolamento. La sua vita comunque non si è mai fermata, così come quella di ogni giovane con dei sogni per il futuro.

La scoperta della malattia
«Mi sono accorto di colpo: ero sempre stanco, faticavo a salire le scale e non riuscivo più a giocare a beach volley con gli amici». È così, con un senso di anormale spossatezza, che Gabriele ha incontrato il suo calvario: la leucemia, quattro sillabe apparentemente innocue che mettono i brividi al solo pensiero.

Era l’estate del 2017 quando, nel pieno della maturità, Gabriele Alzati ha cominciato un lungo percorso di lotta contro una forma particolarmente aggressiva di questo male. Il giovane, residente nel comune di Sumirago con i genitori e i fratelli minori, lo racconta con quel fare schivo ma risoluto di chi è consapevole di aver raschiato il fondo ed essere riuscito a riemergere.

Domenica 2 luglio, dopo aver effettuato gli esami del sangue, Gabriele è stato ricoverato d’urgenza all’Istituto Nazionale Tumori del San Raffaele di Milano (IRCCS) ed è stato messo in lista per il trapianto. «Al San Raffaele ci siamo sentiti subito accolti – racconta con sincera commozione la mamma Roberta – È stata una fortuna andare lì e trovare persone eccezionali che ci sono state vicine sia a livello professionale che umano.»

È ormai risaputo quanto sia importante, oltre alle terapie, ricevere supporto emotivo e psicologico, soprattutto in un reparto d’isolamento come quello di ematologia. Trattandosi di pazienti immunodepressi, infatti, i contatti con l’esterno sono perlopiù sconsigliati perché potenzialmente pericolosi. «Ma il suo medico, il dottor Fabio Giglio, è stato molto benevolo – dice la mamma – Gli amici e i parenti potevano andare a trovarlo anche più spesso del previsto».

Il ricovero, il trapianto e le complicanze
La malattia piomba all’improvviso, come un fiume in piena, stravolgendo sogni e certezze di una famiglia. «I fratelli, almeno inizialmente, l’hanno vissuto per via indiretta ma è stato difficile per tutti – spiega Roberta – Quest’esperienza, però, ci ha insegnato cosa sono le priorità e ci ha fatto capire di dover trovare la forza per lottare insieme».

E Gabriele questa forza ha dimostrato di possederla; ci sono momenti di positività ma anche pesanti ricadute, eppure, in tutto questo, non ha mai smesso di combattere. Dall’ingresso in ospedale il 2 luglio ha cominciato un lungo iter di esami e diversi cicli di chemioterapia che lo hanno condotto alla data del trapianto.

Secondo ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo), solo una persona su 100.000 è compatibile con chi aspetta un trapianto di midollo, una speranza infinitesimale. Per ragioni genetiche i genitori hanno una compatibilità parziale, che equivale sempre al 50%; nel caso di Gabriele valeva lo stesso anche per il fratello Filippo che, da subito, si era proposto per donare. Ma, nonostante tutto, Gabriele ha trovato il suo “midollo gemello” dall’altra parte del mondo: il suo “tipo giusto”, come si dice in gergo, è infatti una ragazza americana.

Il 16 novembre si è quindi sottoposto al trapianto. Per il paziente, in sé, si tratta di una procedura del tutto simile a una trasfusione; i momenti più delicati sono la preparazione, con l’ultimo ciclo di chemio che azzera il proprio sistema immunitario, e quello che, eventualmente, ne consegue.

E infatti, dopo circa un mese di monitoraggio, il 13 dicembre Gabriele è uscito dall’ospedale ma è stato costretto a farvi ritorno d’urgenza, dopo soli quattro giorni, a causa di un rigetto (Graft in termine tecnico). Così è iniziato un nuovo lungo travaglio fatto di complicanze e problemi, soprattutto a livello intestinale ed epidermico, ma anche di numeri che si ripetono: il 13 marzo 2018 sono arrivate finalmente le dimissioni.
Da allora non è stata tutta una salita: ci sono stati molti altri spaventi e un ciclo di terapie che continua tuttora, ma sicuramente la vita di Gabriele e della sua famiglia ha preso un altro risvolto.

Le piccole conquiste e i sogni per il futuro
«Bisogna sfruttare tutto a proprio favore, ogni piccola conquista è un obiettivo raggiunto» racconta il ragazzo mentre si muove, a proprio agio, nella voliera che lui stesso ha disegnato su misura. Già, perché la sua vera passione sono gli animali e, soprattutto, i pappagalli. «In ospedale facevo tabelle per segnare i posti in cui andare a comprarli: nel frattempo, per accudirli meglio, ho ridotto il numero ma ho aumentato la qualità» dice con soddisfazione.

Mentre il pensiero di altri esami lo preoccupava sicuramente di più, Gabriele ha terminato la maturità in ospedale diplomandosi in agraria. Anche durante il periodo di ricovero non ha mai smesso di studiare superando brillantemente due test d’ingresso all’università, ma le vicissitudini ospedaliere gli hanno impedito di frequentare le lezioni; oggi è iscritto a un corso online per diventare assistente veterinario.

«È sempre impegnato e, anche se non riesce ancora a progettare sul lungo periodo, fa miliardi di cose» racconta Roberta. Nel frattempo, infatti, è anche riuscito a diventare arbitro di pallavolo; «non potendo giocare era importante trovare qualcosa che mi mantenesse vicino a quest’ambito» racconta il giovane tesserato dell’Insubria Volley Mornago. Da un mesetto ha persino preso parte alla Nazionale Italiana Volley Trapiantati e Dializzati (Aned Sport) con la speranza che, tramite lo sport, si possa sensibilizzare ulteriormente alla donazione.

«In Italia non è tanto diffusa la cultura della donazione, per questo è importante informare le persone – conclude la mamma Roberta – Durante questo percorso abbiamo detto “addio” a diversi amici ma noi continueremo ad impegnarci. Da questa brutta storia dobbiamo trovare la forza di aiutare qualcun altro, sennò non è servita a niente».

(Per ulteriori informazioni relative alla donazione e al trapianto, si rimanda alla pagina “domande frequenti sulla donazione di midollo” di ADMO, clicca qui).

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Pubblicato il 11 Maggio 2019
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