Maurizio Battista, una “festa in famiglia “ per mille persone
Il teatro Openobmetis era pieno per una serata "quasi intima" con il comico: da anni, il segreto del suo successo
«Non state ad ascoltare le voci del teatro: non è vero che dovete spegnere i cellulari ed è vietato usarli. Certo che si può, che mi frega a me se mezz’ora dopo è su youtube? Mica è lo stesso che venire qui e stare insieme… E alla fine ce facciamo insieme pure un po’ de foto: sennò che ci venite a fare? Io son qui per voi, siamo in famiglia»
E’ bastata una frase, pronunciata all’inizio dello spettacolo dal protagonista della serata, per “sdoganare” le foto e gli spezzoni che pensavo di rubare (di norma è vietatissimo fare foto nei teatri) che mi hanno permesso di scrivere questa recensione e rendere tutto, immagini comprese, parte di essa ufficialmente.
Perchè questo è, da anni, il modo di porsi di Maurizio Battista, che ha riempito il teatro Openjobmetis sabato 4 maggio con l’edizione 2019 del suo “One Man Show”, che ha confermato: «Il mio è un genere: quello della chiacchierata in famiglia» Dove il pubblico è gradito ospite dei teatri anche se si presenta «Con la tuta della Roma e i mocassini».
La sua stand up comedy – genere coccolato in America, trendy solo da poco in Italia, ma da lui praticato da decenni è, ovviamente “all’amatriciana”: i ricordi sono romani, l’ironia romana, la parlata è romana e va ripetuta tal quale, perchè italianizzata non rende più. Di più: è una parlata “di Roma sud”, che quella del Nord già sarebbe troppo fighetta.
Ma il fatto che fa ridere, e tanto, su episodi quotidiani e riflessioni minime non basta a spiegare il suo duraturo successo. Di burini che dicono battute grezze per far ridere è piena la televisione, e ormai anche i social.
Ma Battista, sotto la sua scorza popolare e di basso profilo («Volete sapere i miei titoli di studio? Ve li spiego subito, così è tutto chiaro: all’esame di terza media ho preso sufficiente, e quando hanno dovuto commentare l’esame sinteticamente, hanno tirato una riga. Come dire: questo peggio di cosi non può fare» dice esibendo la sua pagella dell’epoca) ha una sensibilità che il pubblico coglie, e che è il segreto del grande affetto che raccoglie in tutta Italia, non solo nella “sua Roma”.
Nel momento in cui si ride della sua visita dal proctologo (E uno dal pubblico, coraggiosamente, ha risposto pure “si” alla sua domanda: “Qualcuno è mai andato dal proctologo?” a riprova di quanto la serata fosse “in intimità”) si condivide con lui un antipatico percorso, che si comprende che non è ancora finito, anche se lo spavento iniziale è passato.
E nel momento in cui mostra le foto dell’ultima figlia treenne («La terza, ma mica l’ho fatta con la stessa moje, eh. Ne ho avute tre, di moji») che si scaccola, mentre la giovane mamma, storica dell’arte, le dice compunta “Anna per favore potresti evitare di mettere le dita nel naso?” e lui le risponde «Ma perchè usi una frase cosi lunga: fai come mio papà, che usava due sole parole: “nunte (tutto attaccato…) scaccolà”», capisci che c’è una montagna di affetto in mezzo alle risate che lo sviscerare l’argomento provoca in tutto il teatro.
Un affetto che salta fuori negli ultimi minuti, quando, con una lettera dedicata a sua madre Anna, morta nel 1980, si scopre che il giorno e l’ora in cui si è spenta, il 3 agosto alle 13.15, è lo stesso in cui la piccola Anna è nata.
Un particolare che rivela l’umanità delle sue conversazioni, piene dall’inizio alla fine di particolari intimi a cui non si bada, ma si percepiscono, mentre si ride a crepapelle per tutte le cose più minime: i nomi sui citofoni, le etichette dei tortellini, le avventure psichedeliche quando si cerca di comprare una camicia da Hollister o un paio di scarpe da Foot Locker.
La fila delle persone a fine spettacolo per salutarlo e fare la foto con luiE che, anche nella Varese simbolo di un nord più compunto della sua caciarona Capitale («Ma bellissima, con straordinarie punte di eccellenza, ottenute con anni di incuria…») , porta almeno la metà delle mille persone che hanno riempito il teatro per lui a fare la fila, a fine spettacolo, per “fare la foto insieme” all’amico Battista, che per oltre due ore ha condiviso con ironia, insieme a loro, la sua intimità.
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