Spaccio nei boschi, chieste condanne fino a 7 anni

In quindici stamani davanti al Gup per una delle prime inchieste sullo spaccio nel Luinese

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È una delle prime inchieste per la droga nei boschi realizzata dalla Procura di Varese che nel 2017 portò in carcere otto persone con l’accusa di detenzione per fini di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso.

I LUOGHI – Valganna, Luinese, i piccoli abitati nella zona di Marzio e di altri paese delle Valli che già allora risultarono non indenni alla ramificazione criminale che diede dimostrazione di arrivare dappertutto.
Questa mattina, mercoledì, di fronte al giudice dell’udienza preliminare Giuseppe Fertitta hanno discusso sia il pubblico ministero Flavio Ricci, sia le difese (avvocati Paolo Bossi, Stefano Bruno, Andrea Pellicini, Corrado Viazzo, Monica Mina).

LE RICHIESTE – Il pubblico ministero ha chiesto condanne che vanno dagli otto mesi a un massimo di 7 anni; tra gli imputati quattro hanno chiesto la definizione in rito abbreviato, mentre gli altri procederanno per rito ordinario: il pronunciamento del gup è atteso per il prossimo 5 giugno.

L’indagine partì dall’ipotesi accusatoria che contemplava due filoni: i gregari e i dettaglianti.

GREGARI – I primi erano personaggi in gran parte tossicodipendenti ma senza situazioni di pregiudizio che avevano disponibilità di utenze telefoniche non controllate dove raccogliere parte delle ordinazioni che venivano poi soddisfatte dai “signori“ dello spaccio, i nordafricani che controllavano in armi i boschi.

Questi gregari dello spaccio in alcuni casi avevano anche automobili con targhe pulite per il trasporto dei capi sul posto, così da non dare nell’occhio ai sistemi automatizzati di lettura targhe, i “varchi“ che sono in grado di controllare l’ingresso delle valli e segnalare in tempo reale alle forze dell’ordine ela presenza per esempio di auto rubate.

In alcuni casi gli italiani coinvolti in questi giri venivano pagati con dosi di eroina o cocaina, anche solo per il servizio di traduzione in italiani (nel caso dei marocchini in Italia da molto tempo) e accompagnamento dalle strade di fondovalle fino nei boschi dove si nascondevano gli spacciatori.

DETTAGLIANTI – I dettaglianti invece – è la seconda ipotesi della Procura – sono altri indagati accusati di fare da intermediari per acquirenti terzi che non avevano tempo, o voglia di rischiare di essere scoperti ad acquistare la droga nelle aree boschive.

È a loro che venivano affidati gli ordini che poi esaudivano rivendendo la sostanza al cliente finale lucrando sul sovrapprezzo.

Degli imputati, cinque sono di origine marocchina, e 10 italiani, alcuni detenuti ma per altra causa.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 22 Maggio 2019
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