“Diastasi mamme”, perché la pancia gonfia dopo il parto è una patologia

Fondato dalla fagnanese Emma Gadda, il gruppo crea una rete nazionale di donne per sconfiggere il pregiudizi e promuovere la cura della diastasi e i problemi, non solo estetici, che ne derivano

diastasi

Una patologia molto diffusa, che colpisce in media una mamma su tre, eppure molto poco conosciuta. È la diastasi, il fenomeno per cui le fasce addominali, che normalmente si aprono durante la gravidanza, non si richiudono nei primi 9 mesi immediatamente dopo il parto, lasciando un “buco”, nella fascia centrale della pancia delle donne, che può causare diversi disturbi funzionali “a prescindere dalla distanza tra le fibre muscolari”, precisa Emma Gadda, varesotta fondatrice del gruppo “Diastasi Mamme” che conta oltre 6 mila iscritte in tutta Italia.

LA PATOLOGIA
Obbiettivo del gruppo “Diastasi mamme” è diffondere la consapevolezza di questa malattia, tra le donne e la società in generale, ma anche nella comunità medica, per promuovere dei percorsi risolutivi che, in assenza di esercizi fisici in grado di correggere la diastasi dei muscoli addominali, sono prettamente chirurgici. In particolare si parla in questi casi di addominoplastica, di cui recentemente la Regione Lombardia ha riconosciuto il rimborso del Servizio sanitario “ma solo se la separazione tra le fibre muscolari supera i 5,1 cm”, precisa Emma Gadda, contestandone il principio. “Anche se la soluzione della diastasi addominale è un intervento di chirurgia plastica, il problema non è solo di natura estetica, ma è soprattutto funzionale, perché genera nelle donne disturbi molto fastidiosi che vanno dal dolore alla schiena a difficoltà a sollevare pesi, figli piccoli inclusi, fino a generare incontinenza, anche se la distanza tra le fibre muscolari è inferiore ai 3 centimetri”, spiega la portavoce del gruppo. “L’intervento chirurgico è sempre l’estrema ratio e andrebbe consigliato e valutato solo in base alle disfunzioni funzionali che crea la patologia”.
In Lombardia solo 3 ospedali, di cui 2 a Milano e uno a Pavia, sono accreditati per l’addominoplastica.

IL PREGIUDIZIO
“Non solo le nonne, ma anche tante mamme e purtroppo molti medici, liquidano il problema della diastasi come una conseguenza normale della gravidanza, un dato di fatto da accettare che sta nell’ordine delle cose e contro cui non si può far nulla”, racconta la portavoce del gruppo.
Così molte donne si tengono le conseguenze spiacevoli della diastasi, senza neppure provare a risolverla, “mentre altre iniziano a girare tra diversi specialisti, gastroenterologi, ortopedici o chirurghi che magari intervengono come si trattasse di un’ernia addominale, con tagli molto invasivi, dallo sterno al pube, invece che da anca ad anca, come si opera solitamente la diastasi, oppure, meglio ancora, la situazione generale lo permette, in endoscopia, con impatti estetici decisamente più lievi”, spiega la Gadda.

LA STORIA
“A me è capitato nel 2016, dopo la quarta gravidanza – racconta la Gadda – avevo recuperato il mio peso forma, ma la pancia rimaneva tonda, gonfia. Non tornava più piatta come prima.  E avevo parecchi dolori.Il mio medico di base ha liquidato la faccenda come un’ernia addominale e il chirurgo mi ha proposto un intervento con taglio da sterno a pube. È stato solo grazie alla mia tenacia nella ricerca di informazioni se sono riuscita a capire che il mio problema era una diastasi addominale, e il percorso migliore per curarla”.
Un’esperienza che la Gadda cerca di condividere il più possibile, con il Gruppo Diastasi Mamme, che sta per diventare associazione: “Un modo per aiutare le donne che come me hanno sofferto di pesanti conseguenze dopo la gravidanza, a trovare la soluzione più giusta e tornare a stare bene”.

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Pubblicato il 03 Giugno 2019
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