Il cammino di Santiago è la magia dell’incontro

Ultima tappa e arrivo a Santiago con il ricordo delle tappe, ma soprattutto delle persone incontrate

Cammino portoghese

In una piazza di Santiago c’è una pubblicità che dice: “Tutto inizia con una illusione”. La scritta accompagna una foto di un ragazzo in carrozzina con a fianco una donna che lo guarda.

Ieri sera quella frase l’ho vista praticata. Altro che slogan. Una donna sud coreana ha percorso tutto il cammino del Nord e poi non paga anche quello portoghese insieme a suo figlio. Un ragazzone alto e un po’ perso nei suoi pensieri, probabilmente autistico.

Hanno camminato per più di mille chilometri arrivando due volte a Santiago. Chissà cosa ha smosso quella mamma? Certamente prima di organizzare questa grande impresa si sarà detta e ridetta, e si sarà sentita dire, che era solo una illusione. E poi invece è partita e giorno dopo giorno si è svegliata all’alba e ha visto più di quaranta tramonti sul cammino.

Mi ha ricordato tanto una coppia italiana divenuta celebre grazie a uno splendido libro di Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non aver paura, che racconta di Franco e Andrea, un ragazzo pieno di energia come un uragano, ma autistico. Il papà è determinato nel partire e fare la interoceanica in moto con quel figlio che non sai mai come si comporterà. Sono tutti contrari a quel viaggio, ma lui crede fermamente che si possa fare e come un cavaliere conduce quella strana coppia in giro per le Americhe.

La mamma coreana ha uno sguardo dolce e ringrazia tutti.

Una dolcezza che ho visto negli occhi di una settantenne ligure incontrata insieme con suo marito nella cappella del monastero di Armenteira. Durante la benedizione dei pellegrini piangeva. Composta, ma emozionata tanto da non riuscire a trattenere le lacrime che le scendevano. Mano nella mano con un uomo di poco più grande di lei con cui ha condiviso una vita.

Mano nella mano come Francesco e Maria Letizia. Arrivano da Taranto stanno insieme da poco più di un anno. Si sostengono e condividono ogni momento. Sanno di avere avuto una grande fortuna nell’essersi incontrati dopo che ognuno di loro aveva già vissuto una vita. Potevano incontrarsi da ragazzi, visto che vivevano nello stesso quartiere, ma per loro il destino guardava avanti e hanno scelto di regalarsi l’esperienza del cammino a cinquant’anni. La cura che mettono tra loro e anche verso gli altri è emozionante. Maria Letizia prendendo a prestito una frase del Piccolo Príncipe continua a ricordarci che “l’essenziale è invisibile agli occhi”.

Poi c’è Laura, la coraggiosa, la forte, selvatica e guapissima come l’ha definita Antonio, l’hospitalero di Guarda. Lei arriva da Lanzarote dove vive da cinque anni dopo aver lasciato la Val Seriana. Una passione per il surf e lo yoga che le dà da vivere grazie ai corsi online che mette a disposizione della comunità di chi segue quella disciplina. A lei sono grato perché mi ha aiutato nei momenti un po’ difficili. Poi mi ha insegnato un sacco di cose anche se non credo che userò lo zenzero e tanto meno inizierò a bere acqua calda.

Le donne sono sempre speciali lungo il cammino e ne so qualcosa perché ognuna di loro, ad eccezione delle giovani, ha dovuto mettere determinazione per partire. Vivono il cammino come uno spazio per se stesse al di là dei ruoli che ricoprono nella vita.  Vale anche per gli uomini, ma è un’altra cosa.

Ma di storie ce ne sono tante e ognuno che muove le proprie scarpe sul cammino avrà le proprie ragioni.

Tante riflessioni e pensieri che devono correre veloci perché di tempo oggi ne avevano poco visto che la strada da fare da Faremello era poca. Appena 15 chilometri a Santiago. Partiamo lo stesso presto ancora quasi con il buio alle 6 e trenta. La via è semplice al di là di una serie di leggere salite. La prima tappa per una colazione è a metà strada e poi da lì la periferia di Santiago è vicina. Ci accoglie verso le 9 e il passo si fa più veloce.

Sono le dieci quando entriamo nella piazza della cattedrale da sotto dopo averla vista dal mirador del parco di Alameda.

È il vantaggio dell’essere già stato a Santiago. Lo scorso anno dormivo proprio nella via di quel grande giardino che tutte le guide indicano come una delle cose da vedere della città.

Non c’è niente da fare, quando si arriva in quella piazza sale un groppo in gola e per un bel po’ non ti abbandona.

Non c’è un vero pienone perché è presto, ma si vedono piccoli gruppi abbracciati, gente che canta e quasi tutti scattano foto con la cattedrale che gioca con il sole. È un’altra giornata splendida e il Cielo regala colori notevoli.

L’emozione è contagiosa. Già da ieri sera riflettevo che lo scorso anno sarei arrivato a Santiago con Sabrina, Gigi, Costantino, Fabrizio, Giampaolo, Paolo e Thomas. Oggi li ho portati con me ed è stato un grande piacere.

Sarà che invecchio, sarà che comprendo il valore autentico di alcune esperienze, sarà che non smetterò mai di ringraziare per quanta bellezza mi è dato da vivere. Sarà quello che sarà, ma stare dentro questa piazza mi emoziona tantissimo.

Questa volta è diverso perché non è solo lo stupore della prima volta. È davvero sentire qualcosa dentro che si smuove e che accoglie quella parte di Marco che si nutre di tanta emozione. La fatica, il dolore, alcune difficoltà si sciolgono di fronte a tanta energia e alla bellezza delle persone incontrate. È una esperienza che apre e non chiude. Accompagna poi ogni momento della vita che non è camminare verso Santiago per alcuni giorni, ma nel corso del tempo quotidiano. Qui la fortuna è potersi dare un tempo per viverlo appieno e poterlo condividere con chi si porta nel cuore e con tutte le persone che mi hanno letto e seguito fin qui  

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Luglio 2019
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