Il “ciclista della memoria” arriva a Nikolaewka, nel ricordo degli alpini

Giovanni Bloisi è arrivato, molto emozionato, nel luogo della più drammatica battaglia della ritirata di Russia del 1943

Il ciclista della memoria a Nikolaewka

Dopo centinaia di km in bici,  il “ciclista della memoria” Giovanni Bloisi è arrivato a uno dei punti centrali del suo viaggio 2019: Nikolaewka, il paesone teatro nel 1943 di una della più drammatica battaglia della Ritirata di Russia.

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Giovanni Bloisi a Nikolaewka 4 di 13

Se in passato Bloisi ha toccato i campi di concentramento, ha collegato la colonia di Selvino ai kibbutz d’Israele, quest’anno il suo viaggio l’ha portato appunto sulle tracce dei soldati italiani dell’Armir. Inviati a migliaia dal regime fascista a invadere la Russia, caduti a migliaia in quell’assurda spedizione militare.

A Nikolaewka, il 26 gennaio 1943, i reparti degli Alpini – retroguardia dello schieramento italiano – combatterono la battaglia più dura, per rompere l’accerchiamento, uscire dalla sacca in cui erano stati intrappolati dal contrattacco russo scattato un mese prima. A centinaia gli alpini della Divisione Tridentina (in gran parte lombardi) e i resti della Cuneense caddero per superare la linea della ferrovia.

Il ciclista della memoria a Nikolaewka
Il sottopasso della ferrovia a Nikolaewka

«Ho incontrato un signore che mi ha raccontato che suo padre lo portava spesso a vedere una fossa comune tra Nikitovka e Nikolaevka» racconta Bloisi dall’Ucraina (nei prossimi giorni raggoungerà Rossosch, un tempo sede del comando italiano).
Il “ciclista della memoria” è arrivato fino al punto-simbolo del giorno della battaglia, il sottopasso in mattoni che attraversa la ferrovia e che costò tanti morti agli italiani che dovevano attraversarlo per assaltare i russi.

L’alpino Angelo, da Bardello alle nevi di Russia

Molto emozionato, Bloisi non nasconde le difficioltà a individuare il cippo di ricordo e il sottopasso, comunque sempre decorati dalla presenza di gagliardetti degli alpini e tricolori. «Un saluto a voi ragazzi da tutti i vostri famigliari» ha detto a queli giovani del ’43, davanti al cippo. Erano migliaia di ragazzi giovanissimi, mandati da Mussolini come invasori e che quel giorno invece combattevano solo per sopravvivere e tornare a casa.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 23 Luglio 2019
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