Tutte in porta: un progetto dedicato al calcio femminile unico in Italia

Ivan Turetta, sumiraghese classe ’93, dopo otto anni di esperienza e il conseguimento di diversi tesserini abilitativi (FIGC, AIAC e AIAP) ha deciso di lanciarsi in una nuova sfida

calcio feminile

Il movimento del calcio femminile sta crescendo, lo dimostrano i numeri e il successo del mondiale di Francia, ma questa è solo la punta dell’iceberg: da tempo esistono piccole realtà in cui si coltivano talenti e, soprattutto, grandi sogni.

Già, perché in primis per molte ragazze la possibilità di giocare a calcio è ancora un obiettivo da inseguire con tutte le forze e che si esplica in una totale dedizione in campo, in impegno, costanza e sopportazione fisica oltre che psicologica.

Parte da questa riflessione Ivan Turetta, sumiraghese classe ’93, che dopo otto anni di esperienza e il conseguimento di diversi tesserini abilitativi (FIGC, AIAC e AIAP) ha deciso di lanciarsi in una nuova sfida che rappresenta ancora un unicum nel panorama italiano.

«Non sto inventando il calcio, non sto facendo nulla di nuovo – spiega -. Ho solo avuto un’idea banale, per questo mi stupisce che nessuno ci avesse mai pensato prima: se esistono innumerevoli scuole per portieri, perché non crearne una dedicata al calcio femminile?»

È così che, con il patrocinio dell’AIAP (Associazione Italiana Allenatori Portieri), nasce il progetto “Tutte in porta” nell’ambito della società sportiva gallaratese “Azalee”, la più grande realtà di calcio femminile della provincia di Varese nonché unica società con settore giovanile. Attualmente sono circa 120 le atlete tesserate ma «quest’anno abbiamo la possibilità di fare il boom e arrivare a oltre 140 iscrizioni – spiega Turetta – un vero successo!»

La scuola “Tutte in porta” proporrà una formazione tecnica certificata tanto alle atlete tesserate Azalee quanto a bambine e ragazze provenienti da altre società, sia femminili sia maschili, che potranno allenarsi con le proprie coetanee seguendo un percorso calibrato in base alla categoria d’appartenenza. E se ancora sono poche le ragazze del pallone, ancora di meno quelle che si avvicinano alla porta; «ma quello del portiere è un ruolo unico, è il capitano senza fascia, per questo vogliamo preparare al meglio le ragazze da un punto di vista tecnico e motivazionale» commenta il mister. Gli obiettivi di fondo sono due: uniformare la preparazione di un ruolo troppo spesso marginalizzato e proporre un metodo utile a valorizzare caratteristiche ed esigenze fisiche delle calciatrici.

«Ad oggi il femminile è ancora in grado di mostrare il bello del calcio: la sana competizione priva di atteggiamenti che si dissociano dai valori dello sport.» A tal proposito Turetta esorta i colleghi a dedicare almeno una stagione a questa realtà: solo così potranno avere una visione completa del gioco e delle diversità tra i due mondi, maschile e femminile, sia dentro che fuori dal campo.

«Quest’anno abbiamo raccolto tante soddisfazioni ma il lavoro da fare è ancora molto, dobbiamo crederci e muoverci tutti insieme: servono allenatori competenti e tanta voglia di mettersi in gioco contro stereotipi e luoghi comuni.» Infatti, sebbene una prima patina di inosservanza sia stata levata, l’abilitazione delle donne allo sport italiano per eccellenza richiede ancora molto tempo; ci troviamo solo all’avvio di una sfida aperta per la quale serve pensare e agire controcorrente.

«La mia passione per il calcio femminile è nata casualmente dalla chiamata di un amico e poi, pian piano, si è trasformata in qualcosa di più profondo. Oggi ce la metto tutta e spero di contribuire nel mio piccolo a far crescere questo mondo» conclude il giovane allenatore con l’ardore di chi crede nel proprio sogno e la speranza di chi vorrebbe, un giorno, fare “il grande salto” nel mondo del professionismo.

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Pubblicato il 11 Luglio 2019
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