Il primo giorno di lavoro non si scorda mai

Salvatore Torre fu assunto alla Ignis di Comerio nel 1960. «Quando mi portarono in catena di montaggio si accorsero che a causa della mia statura non riuscivo a prendere i pezzi perché erano collocati troppo in alto»

ignis, whirlpool

Il primo giorno di lavoro è come il primo amore, non si scorda mai. Salvatore Torre è ormai in pensione da qualche anno, ma la data della prima assunzione alla Ignis ce l’ha scolpita nella memoria. «Diciannove ottobre 1960» ripete ad alta voce con una punta di orgoglio. Una foto esposta nella mostra “Tratti di memoria” – curata dal sindacalista della Fim Cisl  Rinaldo Franzetti e dedicata alla storia del sindacato metalmeccanico a partire dalla Ignis fino alla Whirlpool –  lo ritrae giovanissimo durante una manifestazione a Comerio. Una massa di riccioli neri e un fischietto in bocca. Era il più giovane.

Erano gli anni del boom economico, del miracolo italiano. L’economia del Belpaese cresceva a ritmi vertiginosi e il lavoro abbondava a tal punto che non c’era nemmeno bisogno di andarselo a cercare. Un mondo lontano anni luce da quello attuale, in cui gli alti tassi di disoccupazione e inoccupazione, soprattutto tra i giovani, sono la normalità.  «Era il lavoro che ti veniva a cercare – racconta Torre – La mia assunzione alla Ignis fu semplicissima  Un giorno incontrai per strada un signore che mi chiese se avevo il libretto di lavoro. Io aiutavo i miei genitori in un negozietto ma l’idea di lavorare in fabbrica mi piaceva e così mi presentai come indicatomi il lunedì successivo alla portineria della fabbrica di Comerio dove mi dissero che dovevo fare il turno dalle 2 alle 10 in smalteria».

Oggi sarebbe impensabile mettere una persona al lavoro, a maggior ragione in una linea di produzione industriale, senza un minimo di formazione e inquadramento, ma in quegli anni tutto era possibile, anche essere adibiti a una mansione tecnicamente impossibile. «Quando mi portarono in reparto – spiega l’ex lavoratore – si accorsero che non riuscivo a prendere i pezzi perché erano collocati troppo in alto e con la mia statura io non ci arrivavo. E così mi spostarono al montaggio cucine dove facevo assemblaggio, ma ancora una volta nessuno mi spiegò niente per cui io appoggiavo i pezzi per terra, senza curarmi dei tempi e soprattutto della catena. Non fu un gran debutto, lo ammetto. Con il tempo imparai a farmi valere soprattutto con i capi che non ci pensavano due volte a mettere il tuo nome in bacheca nell’elenco dei cattivi».

“Abbiamo fatto la storia della Whirlpool”

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 14 Agosto 2019
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