Pubblicità politica sui social, Facebook cambia le regole. Almeno negli Usa

In vista delle presidenziali Usa, il social di Menlo Park rende più stringenti le regole per pubblicare contenuti sponsorizzati

Generico 2018

L’obiettivo è quello di garantire la tracciabilità, un po’ come avviene in Italia per i prodotti alimentari, delle pubblicità politiche su Facebook. Evitando, questo il sottointeso, che enti o organizzazioni straniere utilizzano i social network nel tentativo di influenzare il voto. Mentre si avvicina la campagna per le primarie propedeutiche alle presidenziali americane 2020, a Menlo Park ha deciso di rivedere le regole per creare post sponsorizzati a contenuto politico.

Nel dettaglio, illustrato in un post comparso sul blog aziendale, è specificato che sarà necessario fornire informazioni che consentano l’identificazione certa del committente. Ovvero il numero identificativo fornito dalla commissione elettorale federale, il codice fiscale oppure un indirizzo email con dominio governativo. Sono previste ulteriori possibilità di accreditamento pensate per politici locali o piccole organizzazioni che potrebbero non avere questi requisiti. In questo caso serviranno un numero di telefono, una mail professionale, un indirizzo fisico e un sito il cui dominio sia identico a quello della mail. Ultima possibilità, quella di fornire solo il nominativo e un documento dell’amministratore della pagina, circostanza che però impedirà di pubblicare post a nome di un’organizzazione.

All’identità del committente sarà possibile risalire cliccando sui tre puntini che si trovano in alto a destra nei post sponsorizzati, quindi su “Perché visualizzo questa inserzione?”. L’iniziativa di Facebook nasce da non meglio specificati tentativi di aggirare il sistema di controllo precedente, che richiedeva semplicemente di specificare chi avesse pagato per la sponsorizzazione di un post a contenuto politico.

In tutto questo scenario, restano aperti due quesiti. Il primo è se davvero i social network siano lo strumento ideale per modificare ed orientare il voto degli elettori. Un tema tuttora da chiarire perché, come ricorda l’MIT Technology review, i ricercatori che stavano studiando il tema lamentano di non aver ancora ricevuto da Facebook i dati necessari per l’analisi. Il secondo è se questo meccanismo di controllo verrà esteso anche al di fuori dei confini americani.

Un tema, quello delle elezioni, che potrebbe non riguardare l’Italia nell’immediato, dato che il nascente governo Conte bis allontana il ritorno alle urne. Ma al più tardi nel 2023 il Parlamento dovrà essere rinnovato. E già oggi le forze politiche investono ingenti risorse nella propaganda sui social network. Secondo uno studio di OpenPolis, in occasione delle recenti elezioni europee i principali partiti, i loro leader e i capilista hanno speso oltre 660mila euro su Facebook e Google. Chissà che al prossimo giro Menlo Park non li obblighi ad accreditarsi come avverrà a partire da metà settembre per i loro colleghi americani.

(Foto di Simon Steinberger da Pixabay)

Riccardo Saporiti
riccardo.saporiti@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Agosto 2019
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