Mastoplastica additiva: le protesi al silicone possono causare il tumore al seno?

Il dottor Paolo Montemurro, specialista in chirurgia plastica, ci spiega come molte donne siano spaventate da questa eventualitá. Ma esiste davvero un rischio?

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I tumori, a giusto titolo, fanno paura e non passa giorno senza che la lista delle sostanze, delle pratiche o dei comportamenti a rischio non si allunghi di qualche voce.

Recentemente è salita alla ribalta mediatica la notizia che anche la mastoplastica additiva, con l’utilizzo di protesi mammarie al silicone che alloggiano per anni all’interno del corpo, possa causare il tumore del seno.

Il Dott. Paolo Montemurro, specialista in chirurgia plastica, ci aiuta quindi a fare un po’ di chiarezza su questo delicato argomento. Si tratta dunque solo di una notizia infondata o c’è del vero? È giusto allarmarsi o si può continuare a considerare la mastoplastica additiva come un intervento sicuro?

La risposta è che no, le protesi al silicone non possono causare il tumore del seno, con buona pace del “dottor Google”. Il motivo è che questo tumore ha come bersaglio la ghiandola mammaria, si sviluppa cioè all’interno del tessuto del seno. Ad oggi sappiamo bene e con certezza che le protesi al silicone non possono provocare questo tipo di danno. Non esiste cioè nessun nesso di causa-effetto tra l’utilizzo di protesi al silicone ed il tumore del seno.

È però vero che alcune pazienti portatrici di protesi al silicone, a distanza di anni dall’intervento, possono sviluppare una rara forma di linfoma, definito linfoma anaplastico a grandi cellule (generalmente abbreviato in ALCL).

Questo linfoma si forma tipicamente all’interno di una raccolta di liquido che si sviluppa attorno alla protesi, il cosiddetto seroma: un evento già di per sé molto raro, dovuto ad un processo infiammatorio che le protesi possono causare sui tessuti mammari circostanti. Questo seroma non è altro che semplice liquido che si accumula all’interno del seno e che, nella stragrande maggioranza dei casi, é privo di ogni carattere di malignità. Tuttavia, come detto, in alcune rarissime circostanze questo fluido può contenere delle cellule tumorali linfomatose.

L’ALCL non può e non deve però essere considerato un tumore del seno, proprio perché non colpisce la ghiandola mammaria. Si tratta per lo più di una forma indolente di linfoma, con altissima percentuale di guarigione. Anche il suo trattamento si differenzia sostanzialmente da quello del tumore del seno, che prevede la rimozione totale o parziale della mammella con l’aggiunta, spesso, di chemioterapia e radioterapia. Il trattamento dell’ALCL consiste invece, nella maggior parte dei casi, nella sola rimozione della protesi e del suo involucro, senza il bisogno di rimuovere il seno né di effettuare altre terapie.

Anche la diagnosi di questo linfoma non è generalmente difficile. Il seroma, che come spiegato ne è spesso la prima manifestazione, causa infatti sintomi repentini ed evidenti, difficilmente ignorabili: improvvisamente, nel giro di qualche ore, la paziente si ritrova un seno duro e gonfio di liquido, che la “costringerà” a rivolgersi a un medico. Questi farà prelevare ed analizzare il fluido, alla ricerca di cellule neoplastiche. Ecco che quindi un eventuale linfoma sarebbe preso in una fase molto precoce, con conseguente alte possibilità di completa guarigione.

Molte donne portatrici di protesi al seno, continua il Dott Montemurro, si domandano dunque cosa fare e se sia opportuno decidere di rimuoverle.

Nonostante la preoccupazione di queste pazienti che si sono sottoposte a una mastoplastica additiva o ricostruttiva, sia il ministero della salute che le due società scientifiche italiane di chirurgia plastica AICPE (associazione italiana di chirurgia plastica estetica) e SICPRE (società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica) sono concordi nel non scatenare allarmismi. Le protesi non vanno tolte se non sono presenti sintomi ma vanno semplicemente monitorate e controllate nel tempo. Bisogna conoscere i campanelli d’allarme, quali gonfiore del seno, infiammazione, o presenza di un nodulo. Vanno cioè effettuate le normali visite ecografiche e mammografiche, affiancate da periodiche visite di controllo presso il chirurgo plastico (ogni 1-2 anni), per controllare lo stato delle protesi e della mammella.

È dunque estremamente utile sottolineare l’importanza di una corretta informazione sanitaria che, nel caso in questione, non può che partire dal vostro chirurgo plastico di fiducia.

L’ALCL rimane infatti una realtà che, seppur molto rara, deve essere considerata molto seria e presa quindi nella dovuta considerazione. Sia al momento della prima visita, quando cioè viene discusso in dettaglio l’intervento ed il tipo di protesi da utilizzare (sembra infatti che alcuni tipi di protesi possano presentare un rischio maggiore di altre di causare questo linfoma). Sia anche dopo l’intervento, attraverso un monitoraggio costante dello “stato di salute” del seno.

L’intervento di mastoplastica additiva, conclude il Dott Montemurro, rimane comunque un intervento sicuro se effettuato e poi seguito e controllato da specialisti. Da qui l’importanza di rivolgersi sempre e solo a specialisti in chirurgia plastica e mai a sedicenti “medici estetici” che a fronte di prezzi molto più bassi possono mettere in serio pericolo la vostra salute.

Si ringrazia il dottor Paolo Montemurro, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. Il dottore effettua tutti gli interventi di chirurgia estetica e riceve al Medical Point di Varese sito in via Veratti 3. Per prenotare un appuntamento è possibile chiamare lo 0332 242971.

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Pubblicato il 06 Settembre 2019
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