A processo per la zuffa dei tatuaggi

I fatti si riferiscono al giugno di due anni fa quando un marito infuriato ha fatto irruzione nel laboratorio, denunciando di essere stato preso a stampellate

Avarie

«Vado un salto in farmacia». Invece la donna, assuefatta dalla moda del tattoo cede alla tentazione dell’ennesimo disegno sulla cute, e invece dell’aspirina entra nella bottega del tatuatore aperta da soli tre giorni in piazza, a Venegono Suepriore.

Il marito se ne accorge e fa irruzione nel negozio. «Basta tatuaggi». «Basta tatuaggi», dice all’artigiano che, capendo al volo l’aria che tira saluta frettolosamente la donna con un banale «Ci vediamo domani».

A qual punto scatta qualcosa tra i due uomini rimasti nell’esercizio (c’era anche la figlia minorenne del tatuatore, oltre a un elettricista che stava eseguendo dei lavori di finitura in un’altra stanza), partono parole grosse, forse qualche minaccia e il negoziante afferra una stampella.

Da qui in avanti, oggi in aula si è cercato di fare chiarezza per un processo che vede imputato per lesioni l’artista dell’inchiostro(romano) e come vittima un uomo (di origini calabresi) classe 1970.

L’origine dei due ha la sua importanza perché fra le parole più volte riportate in aula – dalla figlia dell’artigiano, e da un residente che vive a pochi metri dal negozio – vi sarebbe anche quel «romano di mer..» che ha scaldato ancora di più gli animi.

Risultato: il marito furibondo per l’ennesimo disegno sulla pelle della moglie denuncia per lesioni l’esercente che l’avrebbe raggiunto con tre stampellate, per le quali è finito al pèronto soccorso dell’ospedale di Tradate, una alla testa e le altre due al braccio e al ventre; a prenderle anche l’imputato stesso, come dichiarato di fronte al giudice. Che succederà ora? La discussione rimandata a dicembre.

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Pubblicato il 20 Settembre 2019
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