Genitori attenti alla vita social dei figli: un esempio positivo

Il presidente di Pepita onlus, Ivano Zoppi, sostiene la scelta educativa di segnalare in Questura le minacce subite dai figli minorenni, facendo valere la legge contro il cyberbullismo

Bullismo e cyberbullismo

Cinque minorenni sentiti in Questura dopo la segnalazione di una mamma, preoccupata per le minacce online di cui erano vittima i figli. In questa vicenda ci sono almeno due elementi più che positivi: “Il primo è che c’è un genitore attento alla vita social dei figli e il secondo è il segnale forte del suo gesto non solo nei confronti dei bulli ma anche rispetto ai figli, che sanno di poter contare su un adulto presente e consapevole delle leggi”.

A pensarla così è Ivano Zoppi, presidente di Pepita onlus, associazione nazionale attiva anche nel luinese con progetti di prevenzione al cyberbullismo e che ha partecipato alla consulta regionale sul tema oggi regolato dalla legge n. 71 del 2017 per il contrasto al bullismo e al cyberbullismo. Proprio la legge che ha permesso agli agenti di far seguito alla segnalazione di questa mamma, convocando i minori in “Questura” per un semplice, ma efficace, “ammonimento”.

“Nessuno vuole mettere alla gogna i ragazzi che compiono atti di bullismo, non serve. Invece è molto educativo per tutti, per chi aggredisce, chi subisce e per chi osserva senza intervenire, sapere che tutte le nostre azioni offensive hanno delle conseguenze, anche se le offese avvengono nel mondo virtuale dei social”, spiega Zoppi. Una consapevolezza che troppo spesso è limitata, se non addirittura assente, anche negli adulti.

La legge c’è e va utilizzata innanzi tutto per responsabilizzare i ragazzi e aiutarli a maturare una coscienza di sé e del proprio agire, anche virtuale: “Sicuramente i ragazzi hanno delle competenze digitali, non c’è dubbio – dice Zoppi – hanno anche conoscenza, perché sono tante le iniziative di prevenzione e di informazione sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo, ma questo da solo non basta a cambiare l’abitudine ad atteggiamenti sbagliati. Le informazioni devono essere rielaborate per sviluppare una consapevolezza, una coscienza rispetto a quelli che sono gli effetti delle proprie azioni per sé e per gli altri”.

In questo sviluppo della consapevolezza è fondamentale il lavoro di educazione dei genitori. “Il che significa ad esempio che i genitori devono avere acceso ai social dei figli, non per controllarli tutti i giorni, sarebbe un mestiere, ma per essere presenti ogni tanto in un luogo che, anche se virtuale, è comunque pubblico – spiega Zoppi – Starne fuori non significa rispettare la privacy del figlio, ma fa sì che i genitori non siano consapevoli dei vissuti del ragazzo, quei vissuti di cui spesso i giovani non parlano”.
Quindi è giusto che i genitori abbiano la password del cellulare dei figli e degli eventuali profili social, anche perché fino ai 14 anni ne sono direttamente responsabili.

Anche per aiutare i genitori in questo lavoro Pepita onlus sta realizzando il progetto “Bullismo 360 gradi” che permetterà, grazie alla realtà virtuale, di vivere in prima persona un atto di bullismo da tre prospettive: vittima, aggressore e spettatore “per aiutare i ragazzi a capire cosa succede stando nei panni degli altri, e sviluppare così empatia”, spiega Zoppi.

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Pubblicato il 24 Ottobre 2019
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