Beni confiscati, la lezione di Rescaldina e gli errori di Busto

Riutilizzare i beni confiscati alle mafie non è mai facile e l'osteria La Tela ne è un chiaro esempio ma c'è chi non riesce nemmeno a far partire un progetto

osteria la tela nuova gestione 2019

La cultura della legalità va coltivata con costanza e determinazione, anche quando gli ostacoli sono tanti e apparentemente insormontabili. Ne sanno qualcosa a Rescaldina dove le ultime due giunte, quella guidata da Michele Cattaneo prima e da Gille Ielo poi, hanno puntato molto sulla restituzione alla comunità dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

Proprio questa mattina è stata presentata la nuova gestione dell’osteria sociale La Tela, l’ex-pizzeria Re Nove della famiglia di ‘ndrangheta dei Medici, che ripartirà giovedì 28 ottobre. La prima gestione ha avuto qualche problema economico a causa di alcune scelte di gestione che non hanno portato i risultati sperati ma l’anno e due mesi di chiusura ha lasciato un vuoto enorme nella socialità del paese (14.200 anime) che aveva eletto questo locale come sede di associazioni, luogo di incontri pubblici, presentazioni di libri, concerti, spettacoli. Ora ci  si riprova, sempre tramite bando ad evidenza pubblica, e con un progetto che ha corretto un po’ il tiro.

L’osteria La Tela riparte da dove era rimasta:”Legalità, buon cibo e socialità”

Come ha ribadito il sindaco Ielo «fare impresa eludendo il fisco, sottopagando il personale, risparmiando sulle materie prime è molto più semplice e redditizio rispetto a chi la fa nel pieno rispetto della legalità come si è deciso di fare a La Tela. Nonostante questo bisogna crederci e riuscirci per dare un segnale forte ai cittadini» ma anche ai signori a cui è stato confiscato il locale anni fa e che ancora fanno impresa sulla Saronnese, a pochi metri da La tela.

Recaldina può contare anche su un secondo progetto di riutilizzo di beni confiscati alla criminalità organizzata andato a segno, quello della villa di Emilio Di Giovine, ex-boss della famiglia di ‘ndrangheta Di Giovine-Serraino che oggi è una residenza per persone con problemi psichiatrici.

Due su due, Rescaldina fa rivivere anche la villa del boss Di Giovine

A Busto Arsizio ieri sera, durante il consiglio comunale, si è assistito all’aborto dell’unico tentativo finora fatto per ridare un uso sociale ad un immobile confiscato alla mafia, quello di via Quintino Sella. Il precedente assessore ai Servizi Sociali era riuscito, tramite un bando ad hoc, ad assegnare il bene ad una cooperativa (la 3B che gestiva anche il bar del teatro Sociale impiegando ex-detenuti e laboratori all’interno del carcere di Busto Arsizio) che ha chiuso i battenti prima di iniziare il progetto, creando non pochi disagi a chi aveva creduto in quella possibilità.

Come ha sottolineato il consigliere Massimo Brugnone nella sua interrogazione il bene è stato affidato alla cooperativa a settembre del 2018 ma per un anno nessuno ha fatto nulla: la cooperativa non ha nemmeno iniziato i lavori e il Comune è rimasto a guardare. Qualche mese fa la 3B ha riconsegnato le chiavi a Palazzo Gilardoni e fino al momento dell’interrogazione (nel frattempo è anche cambiato l’assessore che oggi è Osvaldo Attolini, ndr) nessuno si è preoccupato di cosa fosse successo. Il nuovo assessore ha risposto in consiglio comunale che ad inizio novembre si è iniziato a ragionare su un nuovo bando e nel contempo si sta sondando la possibilità di accedere a contributi ad hoc da parte di Regione Lombardia. Il tutto nel disinteresse dei più che ieri sera sedevano nei banchi della maggioranza e dell’opposizione.

Bene confiscato alla mafia, Brugnone: che fine ha fatto il progetto di riutilizzo?

La piccola Rescaldina batte la grande Busto Arsizio 2-0.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Novembre 2019
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