Gli imprenditori investono in Italia anche per patriottismo

Presentata l'ottava edizione del "Barometro delle imprese familiari europee", il sondaggio condotto da Kpmg su un campione di 1.613 imprese a proprietà famigliare attive in 27 paesi europei

Generico 2018

«Gli imprenditori danno sempre risposte sorprendenti». Federico Visconti ha ragione e non perché è il rettore dell’università Liuc di Castellanza, ma perché lui gli imprenditori li studia e li frequenta da una vita. Questa volta a sorprenderlo è stata Michela Conterno, amministratore delegato della Lati spa e terza generazione in azienda, che alla domanda per quale motivo un imprenditore investe ancora in Italia, ha risposto: «Per un senso di patriottismo».

Non basta una risposta, seppur curiosa, per sostenere che gli imprenditori sono antropologicamente diversi. A ben vedere l’affermazione apparentemente irrazionale dell’imprenditrice varesina nascondeva una seconda verità che Silvia Rimoldi, partner e responsabile Centro studi di eccellenza family business Kpmg, ha così sintetizzato: «Gli imprenditori hanno imparato a fare da soli».

La presentazione dell’ottava edizione del “Barometro delle imprese familiari europee“, il sondaggio condotto da Kpmg in collaborazione con l’Efb, European family Business federation, su un campione di 1.613 imprese a proprietà famigliare attive in 27 paesi europei, di sorprese ne ha riservate parecchie. A cominciare dall’ottimismo e dalla fiducia sulle prospettive future (62%), con picchi imbarazzanti per Irlanda (91%), Portogallo (78%)  e Olanda (67%).

Tra le problematiche che le imprese familiari europee devono affrontare c’è sicuramente la guerra dei talenti (63%), la riduzione della profittabilità (62%), i cambiamenti normativi (60%) e la cibersecurity (48%). Su queste criticità il dato relativo alle italiane si discosta sensibilmente: gli imprenditori sono più preoccupati per la scarsa marginalità (68%) e meno per la guerra dei talenti (52%) e la sicurezza informatica (27%).

L’innovazione rimane una priorità per i prossimi due anni (72%), a conferma che le imprese familiari sono meno tradizionaliste di quanto si pensi e più votate al cambiamento. Il 25% del campione ha dichiarato che nei prossimi dodici mesi investirà in innovazione tecnologica, il 22% in risorse umane, il 13% in internazionalizzazione, il 12% in diversificazione , il 27 % nel business ordinario.

Tallone d’Achille dell’impresa familiare è la successione imprenditoriale che spesso viene gestita come un evento e non come un processo lungo che richiede un’adeguata preparazione. «Quello generazionale rimane il passaggio più importante – ha detto Silvia Rimoldi – Nei prossimi cinque, dieci anni avverrà il più grande trasferimento globale di ricchezze tra generazioni, almeno 14,5 trilioni di dollari».

Il testimone in genere viene dato a un membro della famiglia, nel 45% dei casi si tratta del figlio maschio primogenito. «Per le aziende familiari – ha aggiunto Massimo Ferrini, director Kpmg advisory – il passaggio generazionale è un vero e proprio processo disruptive perché ha un impatto sugli assetti societari, sul management, sulla fiscalità dei soci e sull’assetto finanziario dell’impresa».

Anche nella scelta dei manager le piccole imprese familiari italiane tendono a scegliere tra i componenti della famiglia (66%). «Si ricorre molto meno all’aiuto di manager esterni – ha spiegato Fabio Monti, senior manager Centro di eccellenza family business Kpmg – rispetto al panel europeo. Il 29% delle imprese ha dichiarato che per attrarre risorse umane qualificate in azienda ha agito sull’orario di lavoro, la flessibilità, lo smartworking. L’11% invece ha fatto offerte di carriera più accattivanti».

Fiducia e speranza delle imprese nel futuro sono i due sentimenti che distinguono l’ottavo rapporto di Kpmg sulle imprese familiari europee anche in un contesto internazionale e nazionale non proprio idilliaco. «Il bello dell’Italia – ha concluso Johan Bode, consulente e imprenditore vitivinicolo – è che ha talmente tanta burocrazia che prima o poi una soluzione la trovi».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Novembre 2019
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