Quattro anni fa l’incendio che uccise le sorelle Agrati, arrestato il fratello

Maria e Carla morirono nel rogo dell'appartamento in cui dormivano col fratello Giuseppe. Nei giorni scorsi l'arresto da parte dei carabinieri, il movente sarebbe economico

tribunale busto arsizio

Quattro anni fa un incendio all’interno della loro abitazione fu fatale per due sorelle, Carla (70 anni) e Maria  (68) Agrati di Cerro Maggiore. In piena notte il loro appartamento, nel quale era presente anche il fratello Giuseppe, prese fuoco e per le due donne non ci fu nulla da fare. Entrambe morirono intossicate dal fumo sprigionato dalle fiamme.

L’unico che riucì a salvarsi fu, appunto, il 64enne Giuseppe che lo scorso 6 novembre è stato arrestato con l’accusa di duplice omicidio. A 4 anni e mezzo di distanza, infatti, gli investigatori della Procura di Milano sono giunti alla conclusione che la morte delle due sorelle non fu accidentale e che le fiamme furono provocate da Giuseppe. Una vicenda che ricorda, in parte, quella avvenuta in provincia di Alessandria  nei giorni scorsi nella quale a morire sono stati 3 vigili del fuoco intervenuti per spegnere le fiamme.

Nell’ordinanza si legge che Giuseppe Agrati avrebbe cagionato l’incendio dell’appartamento, facente parte di più ampio complesso abitativo composto da vari altri alloggi residenziali, situato in via Roma 33 a Cerro Maggiore,  da lui abitato insieme alla sorella Carla Eugenia (cl. 1945) e nel quale la sorella Maria Giuseppina (cl. 1947) era temporaneamente ospite. Lo avrebbe fatto appiccando il fuoco in più punti dell’abitazione e precisamente nel corridoio antistante la camera ove le sorelle stavano dormendo, posta al primo piano, e nei pressi dei due ingressi posti al piano terra, dopo aver atteso che entrambe si trovassero all’interno dell’appartamento, si fossero ritirate in camera e si fossero addormentate.

Durante le indagini i carabinieri di Legnano hanno sentito i testimoni che abitano nel palazzo, il pm ha fatto eseguire due perizie di parte sui corpi delle vittime e all’interno dell’abitazione per capire le cause dell’incendio, hanno sentito più volte lo stesso Giuseppe Agrati che ha dato, però, versioni sempre differenti dei fatti e, in alcuni casi, smentite da quelle dei vicini. I sospetti si fanno certezza quando si capisce che l’origine dell’incendio è dolosa e che è riconducibile alla mano di Giuseppe che ha agito all’interno dell’appartamento.

Alla base dell’atto la volontà di appropriarsi dell’intera eredità dopo che, alcuni giorni prima, era morto il fratello Antonio. Per poter comprendere la motivazioni che stanno alle radici di ogni comportamento umano occorre verificare anche il contesto socio relazionale in cui si svolgono. Giuseppe era l’ultimo di cinque fratelli (Carla Eugenia cl. 45, Antonio cl. 46, Maria Giuseppina cl. 47 e Eugenio cl. 49). Viveva con la sorella Carla (insegnante di liceo in pensione, nubile) nello stabile di Cerro Maggiore Via Roma 33. Durante i fine settimana andava a trovarli la sorella Maria che viveva a Milano. Il fratello Eugenio sostanzialmente esce dal contesto familiare al momento del suo matrimonio, avvenuto nel 1974; uscendone definitivamente nel 2001 al momento della morte della madre, quando si fa liquidare le sue spettanze ereditarie per i dissidi legati alla gestione del lascito immobiliare.

Nonostante la convivenza con Carla, è invece con Maria che Giuseppe Agrati ha un rapporto privilegiato ed esclusivo. All’interno del contesto familiare si evidenziano due “gruppi” distinti: quello formato da Maria e Giuseppe e quello
composto da Carla, il defunto fratello Antonio e la sua famiglia. Si tratta di una circostanza percepibile al di fuori della stretta cerchia relazionale: tra Giuseppe e Maria vi era un buon rapporto, aggiungendo che quest’ultima
esaltava le presunte o reali virtù di Giuseppe (che diceva di aver completato gli studi di medicina); quando Maria tornava a Cerro Maggiore, lei e Giuseppe passavano del tempo insieme, estromettendo Carla, la quale si era oramai
rassegnata alla situazione che tollerava in quanto erano fratelli; vi erano diversi conflitti tra Carla e Giuseppe per questioni economiche che per quanto si è ricostruito non sono sfociati in veri e propri litigi.

Secondo i familiari di Giuseppe, inoltre, l’uomo raccontava spesso, prima della morte delle sorelle, della sottrazione da parte della sorella Maria di alcune password necessarie per poter accedere a presunti fondi milionari. Parlava di fondi di investimento, provento di brevetti venduti in America. Soldi che avrebbe vincolato per i suoi “numerosi figli avuti in america tramite l’inseminazione artificiale”. Di tutto ciò, però, non si è mai trovata una conferma.

È verosimile che la convivenza tra i due non era affatto idilliaca, per come emerge da un episodio banale ma altamente sintomatico della tensione che serpeggiava tra Giuseppe e Maria. Emerge dagli atti infatti che Carla, come detto nubile, dopo la morte del fratello Antonio si trovò “spiazzata” nel senso che, siccome e il suo intendimento era di lasciare la sua eredità ad Antonio, ora che era deceduto non sapeva cosa fare.

Secondo gli investigatori milanesi, che hanno avocato l’indagine per la quale il pm di Busto Nicola Rossato aveva chiesto l’archiviazione, è possibile ritenere che l’argomento fosse stato dibattuto tra Carla e Giuseppe proprio nei giorni successivi alla morte di Antonio, profilando un fondatissimo movente per l’eliminazione in prima battuta di Carla.

L’ossessione dell’indagato per i fondi milionari che nella sua mente gli erano stati sottratti dalla sorella Carla, la sopraggiunta morte del fratello Antonio, che ha potuto rimette in discussione le questioni ereditarie e quindi economiche, con molta probabilità possono aver contribuito al nascere ed al rafforzare l’intento delittuoso.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Novembre 2019
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