Dieci anni fa nasceva la Diga di Gurone

L'opera realizzata dalla Provincia di Varese fu inaugurata nel dicembre del 2009. "Oggi se le aziende lungo l'Olona non finiscono sott'acqua devono ringraziare quella diga e chi l'ha voluta"

Tutto è cominciato in una calda mattina di agosto di sedici anni fa. Sulla scrivania dell’ingegnere Susanna Capogna, dirigente capo della Tutela ambientale della Provincia di Varese, viene lasciata una fotocopia che riporta un titolo di giornale a tutta pagina: “La diga mai nata“.

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«Ingegnere si informi e mi faccia sapere». La voce dell’allora presidente dell’ente provinciale Marco Reguzzoni risuonò nell’ufficio della dirigente che di quella diga, però, non aveva mai sentito parlare. Iniziavano così le ricerche negli archivi dell’ente, senza alcun risultato.

L’ingegner Capogna chiese a tutti quei colleghi che potevano esserne al corrente, per competenza o interesse, ma di quella diga, nessuno sapeva nulla. C’era un solo modo per avere qualche informazione in merito: interpellare l’unica fonte che aveva voce in capitolo su quell’opera. E così, la dirigente, sotto la canicola di agosto decise di fare un viaggio a Parma per chiedere lumi al magistrato del Po che aveva in carico quell’opera.

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Era tutto vero. La diga era già stata finanziata per intero e prevista nella località Mulini di Gurone, frazione di Malnate, dove era già stato costruito un ponte sopra un rigagnolo e una piccola parte dell’anello. I lavori però erano bloccati da tempo per un problema con l’appalto. E così Susanna Capogna, insieme a Rossana Magni e Marco Montalbetti, altri due ingegneri della Provincia, decise di contattare il progettista originario, l’ingegnere milanese Fulvio Bernabei che, con un certo scetticismo, ricevette il trio. Scetticismo ampiamente giustificato dal fatto che il progetto era fermo ormai da anni.

Bernabei confermó ai funzionari della Provincia che l’opera era stata interamente finanziata ma che nel frattempo si era aggiunto anche il muro di sostegno della tangenziale che non era previsto nel progetto iniziale. Il costo complessivo ammontava a 23 milioni di euro, quasi interamente finanziati dalla Provincia di Varese, con l’esclusione di 5 milioni di euro, stanziati dal ministero dell’Ambiente, e due milioni, ricevuti grazie all’interessamento dell’allora presidente della commissione V, presso il ministero dei Lavori pubblici a Roma, Giancarlo Giorgetti, dopo che l’ente provinciale era diventato stazione appaltante. Un’opera così importante non poteva essere fatta senza il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse del territorio, soprattutto gli industriali i cui i capannoni a sud dell’Olona finivano puntualmente sott’acqua nelle giornate di piena. E così i due ingegneri della Provincia, Capogna e Magni, con disegni e planimetrie sotto il braccio, si presentarono dagli imprenditori bustocchi per spiegare il progetto. «Quando ci hanno viste arrivare, erano piuttosto increduli» racconta la dirigente. Invece saranno proprio loro,  in particolare l’imprenditore tessile Attilio Tronconi, presidente dell’Associazione per la tutela del fiume Olona e del suo territorio, a monitorare puntualmente l’avanzamento dei lavori e dare i resoconti alle due funzionarie. Una collaborazione «indimenticabile».

mulini di gurone

Dopo la tragedia del Vajont, era stato istituito il Registro italiano dighe (Rid) con sede a Roma. Una normativa piuttosto rigida che costrinse i committenti ad andare più volte in commissione dove il progetto veniva analizzato nel dettaglio. È il livello burocratico più alto, quello da cui dipende tutto, il prosieguo dei lavori così come i temuti stop. Le complicazioni però non erano finite perché Rfi, Rete ferroviaria italiana, chiese anche il progetto per lo spostamento della ferrovia della Valmorea che veniva interrotta completamente dalla costruzione della diga. Insomma, anche se non era più utilizzata da tempo, quella antica ferrovia risultava ancora in esercizio. Quindi era necessario realizzare un progetto aggiuntivo che venne puntualmente messo nero su bianco dal team della Provincia. Superata anche questa fase, finalmente poteva essere indetta la gara d’appalto che venne vinta da un’Ati, associazione temporanea di quattro imprese che, nella fase di realizazione, si dimostrerà molto affidabile e seria. Il 18 aprile del 2007  finalmente iniziarono i lavori.

«È stata un’esperienza difficile ma entusiasmante – racconta Capogna – Negli appalti non sempre si ha “fortuna”, nel senso che ci sono spesso ricorsi e fallimenti. Noi siamo andati dritti all’obiettivo con l’unica eccezione di un allagamento del cantiere il primo anno. Due inverni previsti, due spostamenti del corso d’acqua e le analisi geologiche che vennero rifatte su mia richiesta con una giusta intuizione. Il resto lo ha fatto la grande dedizione e disponibilità delle maestranze che pur di restare nei tempi previsti lavoravano a Ferragosto e anche sotto la neve perché tutto era urgente».

È a loro che la dirigente della Provincia nel giorno dell’inaugurazione dell’opera, il 12 dicembre del 2009, dedica il suo discorso. «In due anni e mezzo di lavori non abbiamo avuto un solo incidente». Una medaglia da appuntarsi con orgoglio perché quella di Gurone è una diga a gravità, un’opera complessa. Sono oltre duemila i pali piantati a venti metri di profondità per rafforzarne il fondo. «È stata anche una grande prova di efficienza amministrativa e burocratica, partita da una volontà politica di raggiungere l’obiettivo e condotta  da un gruppo di pochi funzionari determinati. Un gioco di squadra che ha coinvolto gli ex presidenti della Provincia Marco Reguzzoni e Dario Galli e l’assessore all’Ambiente Francesco Pintus» sottolinea la dirigente.

Susanna Capogna ancora oggi tiene bene in vista sulla sua scrivania due bulloni della parte in ferro della traversa fluviale e un frammento di un masso di roccia, che ricorda la vetta di una montagna, utilizzato per la realizzazione di una difesa spondale. «In Italia le opere di prevenzione vengono percepite come inutili  – conclude la dirigente – ma bisogna guardare e immaginare più in là di un mandato e decidere se spenderli in prevenzione non è da tutti. Reguzzoni l’ha fatto, bisogna dargliene merito. E se oggi le aziende lungo l’Olona, mentre il Paese è flagellato dal dissesto idrogeologico, non finiscono sott’acqua, devono ringraziare la diga di Gurone, chi l’ha fortemente voluta e chi è riuscito a realizzarla nei tempi previsti».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 07 Dicembre 2019
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