La collina e il castello: i 120 anni di Villa Montevecchio

La villa con torretta fu costruita per iniziativa dell'industriale Carlo Ricci tra 1897 e 1903. La storia al centro di una pubblicazione per la Fondazione e di una mostra allestita sabato 7 dicembre

Samarate generica generiche

Una mostra curata da Luca Rizzi, allestita per la sola giornata di sabato 7 dicembre 2019 alla Villa Montevecchio di Samarate, racconta l’affascinante storia e le forme della villa neomedievale costruita dalla famiglia Ricci.

L’edificio, costruito tra 1898 e 1899, sorse infatti per iniziativa del commendator Carlo Ricci, “croce al merito del lavoro”. Nato a Samarate nel 1853 da famiglia umile, Ricci aveva lasciato il paese a tredici anni di età per trasferirsi a Monza, dove nel giro di pochi anni riuscì a migliorare la sua posizione fino a diventare imprenditore di successo, con interessi anche a Barcellona, Argentina e Brasile. Nel 1909 tornò a Samarate, divenendo sindaco e promuovendo diverse opere pubbliche e infrastrutture importanti per il paese.

Nel 1897 Ricci decise di costruire sulla “collinetta” detta Montevecchio, sul lato Est del paese, dove già esisteva un piccolo edificio di sua proprietà.
Il progetto fu affidato a Cecilio Arpesani, ingegnere piemontese di origine ma formatosi a Pavia e Milano. Arpesani progettò una villa in forma di castello con torre, che attingeva al repertorio neomedievale e allo stile “lombardo padano”, basato sull’uso del mattone, che in zona aveva già un modello interessante nell’ospedale (oggi detto “vecchio”) di Gallarate, progettato da Camillo Boito.

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Carlo Ricci

All’esterno pietra, mattoni, archi e loggiati – come quello della torre – creano un insieme equilibrato nel suo citare il medioevo e il rinascimento, mentre all’interno trovano posto tre affreschi del XV secolo strappati nella Bergamasca e ricollocati qui, tra le decorazioni dipinte da Ernesto Rusca, allievo a Brera del Cavenaghi, uno dei più apprezzati pittori di allora (affrescò la Basilica di Gallarate e, per l’inaugurazione, furono organizzate persino alcune corse speciali del tram da Milano).

Dietro l’aspetto medioevale e citazionista, poi, la villa godeva di un attento studio degli spazi interni e di scelte tecnologiche già avanzate, nel riscaldamento, nella distribuzione dell’acqua, persino nell’installazione di un montacarichi azionato da energia elettrica (la villa fu completata negli anni in cui iniziava a diffondersi, anche in zona, il “carbon bianco”, come si diceva allora).

La storia della villa – completata nel 1903 dopo 5 anni e più di lavori – è stata ricostruita da Luca Rizzi (laureando all’Accademia Naba di Milano) nella mostra, partendo da opere edite ma anche da uno studio su documenti inediti. «Ho trovato documentazione negli uffici comunali, all’ufficio tecnico e presso singoli cittadini. Il materiale confluirà poi nella mia tesi».

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«Ci è piaciuta l’idea, abbiamo collaborato in pieno, come Fondazione e come amministrazione comunale. Ci è venuta anche l’idea di pubblicare un libretto che raccolga l’evento ma che proponga anche il valore della villa, visto che fino ad oggi non avevamo materiale di questa qualità», spiegano Eliseo Sanfelice, presidente della Fondazione, e il sindaco Enrico Puricelli (le immagini di questo articolo sono tratte dalla pubblicazione). Il libretto è intitolato “Labor omnia vincit”, da uno dei motti latini riportati sui muri della villa.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 06 Dicembre 2019
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