L’Insubria in Antartide per una ricerca sui ghiacci
Due docenti dell’Insubria sono in Antartide per un progetto condiviso che studia gli effetti del cambiamento climatico sul Permafros
Due docenti dell’Insubria sono in Antartide per un progetto condiviso che studia gli effetti del cambiamento climatico sul Permafrost: sono Mauro Guglielmin, responsabile della missione, e Stefano Ponti e stanno lavorando con Maurizio Azzaro del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina, Istituto di scienze polari, e Ulrich Neumann, tecnico di perforazione tedesco.
I quattro si trovano nella Terra Vittoria settentrionale, in una zona di laghi perennemente ghiacciati, come il Tarn Flat, dai quali potrebbero arrivare indizi per cercare forme di vita su Marte. Infatti le brine dei laghi, ossia i depositi di ghiaccio sulla superficie, sono ricchissime di sale e, nonostante l’ambiente estremo, sono popolate da batteri, che sono in grado di ricavare l’energia per sopravvivere anche senza luce e a temperature bassissime, sfruttano il carbonio presente nell’ambiente e producono metano.
Spiega Guglielmin tramite Whatsapp, unico “ponte” con l’Italia: «Abbiamo fatto diverse perforazioni al fine di trovare delle brine per saline, che sono l’analogo terrestre delle brine di Marte. Ne abbiamo trovate diverse tipologie con salinità anche di cinque volte superiore rispetto all’acqua di mare. Queste saranno poi portate nei laboratori del Cnr di Messina e dell’università di Perugia per le analisi micro-biologiche».
La base italiana in Antartide ospita attualmente 25 ricercatori e 90 persone di supporto oltre al gruppo dell’Insubria, che tornerà in Italia il 13 dicembre dopo circa un mese di permanenza. Un mese di lavoro intenso, sette giorni su sette dalle 8 alle 20, senza connessione internet stabile, con il ping pong serale e quattro chiacchiere tra ricercatori come unico svago. I dati raccolti durante la giornata vengono infatti subito registrati, studiati e rielaborati e il tempo che resta è dedicato al riposo. Al rientro i due docenti dell’Università dell’Insubria si occuperanno in particolare di capire dove possono esistere brine come quelle dei laghi antartici e analizzeranno le carote di Permafrost prelevate durante la missione.
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