Bossi e la Lega nazionalista: “Un errore, l’autonomia è una meta che raggiungeremo”

Il leader storico della Lega Nord è stato intervistato da Gad Lerner su Repubblica e ha ribadito le critiche alla nuova Lega salviniana, orientata al nazionalismo italiano e al sovranismo. Citando il nonno socialista, l'antifascismo e Calogero Marrone

Generico 2018

«Una tessera nazionalista mica fa per me». Oggi il quotidiano Repubblica sceglie come notizia principale in prima pagina un’intervista di Gad Lerner a Umberto Bossi, l’ex leader della Lega Nord, oggi leghista rimasto senza Nord.

Gad Lerner, che è da decenni attento e critico studio della Lega, ha intervistato Bossi nella sua villa di Gemonio, luogo simbolico della Lega Nord secessionista e poi federalista.

L’intervista ruota intorno a “Lega Salvini premier”, il partito creato due anni fa, e alla decisione di commissariare gli organi della Lega Nord (di cui Bossi rimane segretario federale a vita), che è il soggetto giuridico che è titolare del celebre debito di 49 milioni di euro con lo Stato italiano.

Nell’intervista, in un clima un po’ da reduce e un po’ da esilio (paragonato a quello di Craxi ad Hammamet), Bossi spiega di aver aderito al nuovo gruppo in Senato un po’ per quieto vivere ed esprime forti dubbi, se non critica aperta verso la svolta nazionalista di Salvini e la decisione di mettere da parte i sogni federalisti e autonomisti del Noprd:

«Altro che prima gli italiani, per quello basta e avanza la destra nazionalista. Ora spero sia chiaro: se trasferisci la Lega al Sud, poi diventa più difficile chiedere il voto alla Lombardia, al Veneto e all’Emilia […] La gente si chiede: la Lega fa ancora gli interessi del Nord, sì o no? Basta fare due conti. Più della metà degli elettori italiani vive sopra il Po. Se perdiamo questi, è finita. La priorità è batterci per l’autonomia, e per raggiungerla l’esperienza insegna che serve mantenere anche buoni rapporti con la sinistra, più sensibile della destra a questo tema».

Lerner chiede anche a Bossi se la Lega dovrebbe dunque cambiare alleati, dopo che nell’ultimo lustro (ma già da prima) ha scelto con più convinzione di avvicinarsi a  vari gruppi estremisti e movimenti neofascisti italiani e non:

«Non dico questo. Dico solo che per raggiungere l’autonomia bisogna avere rapporti anche con la sinistra. In Europa è la sinistra che ha concesso spazi all’autonomia. Se è avvenuto in Catalogna, perché non in Lombardia? E poi nell’Italia meridionale l’elettorato si divide per clientele, come facciamo a credere che la Lega nazionalista diventi primo partito del Sud? È stato un errore provarci. Le ultime elezioni ci dicono che la strategia di andare al Sud è entrata in crisi. Torniamo indietro fin che siamo in tempo. Sono convinto che l’autonomia è una meta che raggiungeremo, per questo tengo duro».

L’articolo è accompagnato anche da un box che racconta la parentela tra la moglie di Bossi e Calogero Marrone, il funzionario – siciliano e antifascista – dell’anagrafe del Comune di Varese che salvò decine di ebrei, a prezzo della sua stessa vita. È un pezzo della storia che Bossi rivendica indicandola come antifascista, un carattere su cui la Lega insisteva soprattutto nella prima metà degli anni Novanta:

«Quel genere di alleanze ti può aiutare momentaneamente a prendere qualche voto in più, ma poi nessuno li vuole, non sono spendibili per conquistare dei risultati. Gli alleati ti devono servire per governare, se scegli l’estrema destra dopo è difficile trovare qualcuno che fa gli accordi con te. E poi, me lo lasci dire: mio nonno era socialista, io sono e resto antifascista. Su questo non si transige».

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Pubblicato il 03 Febbraio 2020
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