Grimoldi (Lega): “Un’altra sentenza che va contro il buon senso e contro la realtà”

È Paolo Grimoldi, deputato monzese fondatore dei Giovani Padani, a commentare la sentenza della Corte d’Appello di Milano che condanna il movimento di Matteo Salvini per discriminazione per aver definito “clandestini” alcuni richiedenti asilo

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Per la Lega è Paolo Grimoldi, deputato monzese fondatore dei Giovani Padani, a commentare la sentenza della Corte d’Appello di Milano che condanna il movimento di Matteo Salvini per discriminazione per aver definito “clandestini” alcuni richiedenti asilo che sarebbero dovuti arrivare a Saronno nel 2016.

Saronno, richiedenti asilo definiti “clandestini”: anche la Corte d’Appello condanna la Lega

«Un’altra sentenza che va contro il buon senso e contro la realtà. Ma sinceramente non ci aspettavamo nulla di diverso. Peccato. La corte d’Appello di Milano ha confermato sentenza del giudice di primo grado, che aveva condannato un manifesto a Saronno della Lega “per il carattere discriminatorio e denigratorio dell’espressione clandestini”, legittima una sentenza che distorce un’altra volta la realtà – si legge nel commento del deputato leghista -. Perché quel manifesto della Lega di Saronno fotografava una realtà sotto gli occhi di tutti, ovvero che la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo erano clandestini senza requisiti per la protezione internazionale. Ricordiamo quei numeri? Dei 181 mila immigrati approdati in Italia nel 2016, secondo i numeri forniti dal ministero degli Interni, appena un migliaio erano siriani in fuga dalla guerra e di questi 181 mila solo due terzi, circa 123mila, avevano presentato domanda di asilo, mentre quasi 60mila non l’avevano nemmeno presentata confermando nei fatti di essere irregolari. Delle 123 mila domande di asilo presentate ben il 56% erano state respinte, confermando lo status di irregolari e dunque di clandestini di circa 65mila immigrati cui si aggiungevano i 60mila che non avevano presentato la domanda: in tutto 125mila clandestini su 181mila. Oltre due terzi. Non solo, delle 123 mila domande esaminate solo il 5% dei richiedenti asilo aveva ottenuto il riconoscimento dello status di profugo mentre un altro 35% ha ottenuto una protezione sussidiaria, per ragioni umanitarie o di salute, pertanto non si trattava di profughi ma di immigrati temporaneamente accolti. Come si fa a dire che non si potevano definire clandestini e dire che non dovevano essere mandati sul territorio? Dove era la discriminazione? Ribadiamo quindi di non comprendere, alla luce di questi numeri, dove si riscontri il carattere discriminatorio o denigratorio dell’utilizzo del termine clandestini per immigrati che non hanno i requisiti per restare sul nostro territorio in base alle nostre leggi vigenti».

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Pubblicato il 06 Febbraio 2020
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