La seconda vita del phone center, dove i nonni incontrano “l’internet“

È stato il primo negozio del genere in città aperto a metà degli anni 2000. Ramdane, gestore filosofo racconta del “prima“ e del “dopo“ smartphone

Avarie


Le tre cabine telefoniche insonorizzate abituate a custodire qualche parola d’amore dettata dalla nostalgia per la lontananza sono quasi degradate a deposito per i cartoni Dhl che servono sì ad andare in giro per il mondo, ma alle merci contenute nei pacchi, e non più alle parole.

È lo specchio dei tempi in cinquanta metri quadri sulla via Amendola a Luino dove uscendo sull’uscio del negozio di Ramdane, a sinistra ti trovi la rotonda del Marinaio e quindi il blu intenso del lago, a destra l’imponente profilo della stazione internazionale. Due gioielli di Luino, uno che splende di più per via dei riflessi che il sole fa sull’acqua. E dietro allo sportello del primo “phone center“ della città si incontra lui, Ramdane Benkhellaf 55 anni, originario di Mila, Algeria, a una settantina di chilometri nell’entroterra dalla costa mediterranea.

Ex calciatore dilettante («ho giocato un una squadra a Reggio Emilia»), è arrivato in Italia negli anni Novanta quando nel suo Paese imperversava una sanguinosissima guerra civile. Perché a Luino? «Per cercare lavoro», risponde con una alzata di spalle, «e ora è diventata la mia città».

L’idea dei phone center negli anni 2000 rappresentava uno sbocco per quella generazione di immigrati che volevano diventare imprenditori: c’era domanda, perché chiamare la famiglia rimane sempre una priorità.

C’era e in parte esiste ancora la necessità di trasferire danaro sempre ai cari lasciati in patria e così l’attività pian piano è diventata un punto di incontro delle comunità straniere che a Luino, terra di confine e di mercato, non sono una novità.

Lui ha pensato di aprire nel 2005. Ma ora le cabine del telefono suonano davvero anacronistiche, residuato di altri tempi: «Averle o non averle per me non fa una grande differenza», racconta Ramdane che sorride al nipotino di sei mesi che gioca a nascondino con gli occhi della curiosità.

Invece la piccola e defilata sala pc rimane. Senza neppure una grande sorpresa questa tecnologia non è da anni più preda dei più giovani: in questo mondo all’incontrario sono gli anziani del quartiere che di tanto in tanto vengono per navigare su internet ma non sono alla ricerca di frivolezze, bensì di un aiuto per evadere pratiche oramai solo telematiche: «Che vuoi, gli diamo una mano, tutto sommato forniamo anche questo servizio, che è diventato utile per i più anziani». Non tutti sono allenati alla tecnologia che influisce sui comportamenti delle persone e nella nostra epoca scandisce i tempi. È d’accordo Ramdane che la butta giustamente in filosofia. «Come è cambiato in questi anni il mio lavoro? Semplice, esiste un prima e un dopo».

Il riferimento con gli occhi va allo smartphone utilizzato per prendere appunti. «Prima era più scomodo, certo, dovevi venire da me se volevi chiamare in India. Poi è arrivato Skype. E ora col telefono chiami chi vuoi dappertutto, ma rischi di smettere di guardare in faccia chi ti sta vicino. Oggi siamo più freddi e troppo abituati a questa comunicazione invisibile».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 19 Febbraio 2020
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