L’hospice compie 10 anni: “Nessuno deve rimanere solo nel dolore”

Valeria Ghiringhelli è stata la prima caposala del reparto avviato nel febbraio 2010. Un incarico che ha voluto con tutte le sue forze per compiere la sua missione

L'hospice di Varese compie 10 anni

«Quando è capitato a me, mi sono sentita sola. Nessun supporto, nessun sostegno».
Il ricordo di quella sensazione di solitudine e di impotenza davanti alla morte del marito è stata la molla che l’ha spinta a mettersi in gioco perché nessuno si sentisse abbandonato nel momento più difficile.  Una determinazione che è diventata un motore propulsivo quando è si è iniziato a parlare di un reparto di cure palliative all’ospedale di Varese.

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Dieci anni fa apriva l’hospice dell’ospedale di Varese 4 di 24

Valeria Ghiringhelli, prima caposala di quel reparto, ricorda i preparativi per l’apertura dell’hospice che compie dieci anni: le battaglie per ottenere l’incarico e poi le fatiche per allestire lo spazio assegnato, due piani nella palazzina davanti all’ala sinistra del padiglione centrale del Circolo: « Ho iniziato a cercare ispirazione. Giravo i reparti già attivi in Italia per capire quale sarebbe dovuto essere il mio ruolo – ricorda Valeria – Sapevo che noi infermieri dovevamo essere al fianco delle famiglie, i loro sostegno a cui aggrapparsi».

Valeria trova la formula che le sembra più vicina alla sua idea di assistenza a Reggio Emilia : « Stavo per entrare in un hospice, un reparto dove non esiste la speranza. Ma dove comunque c’è la vita e quella vita si doveva valorizzare ogni giorno».

Valeria inizia a pensare a quel reparto di degenza con l’obiettivo di creare l’ambiente più sereno e famigliare possibile: « C’era la cucina che era un posto ad accesso libero. Guai a chi chiudeva la porta. Attorno a quel tavolo si chiacchierava e si scambiavano anche battute. La normalità era un imperativo».

I primi pazienti arrivano nel febbraio 2010 ma il reparto ancora non è del tutto pronto. Iniziano i ricoveri per accogliere le autorità chiamate a tagliare il nastro. Arriva il Presidente Formigoni accolto dal direttore generale Bergamaschi e da tutti i politici di livello regionale e locale: per Varese è un traguardo importante, un risultato di civiltà.

I pazienti, ricoverati temporaneamente in attesa della vera apertura, sono una parte di quelli in cura attraverso l’ospedalizzazione domiciliare. Vengono seguiti a casa dai medici, diretti dal dottor Fortini, e dagli infermieri formati dallo psicologo dell’azienda ospedaliera, dottor Bellani, che insegna loro a parlare ai pazienti, a raccontare la verità, magari non tutta, e a non mentire mai.

Una volta pronte qualche settimana dopo l’inaugurazione, le camere di degenza del reparto hospice di Varese si riempiono velocemente. Arrivano persone di ogni età, tutte con un gran carico di dolore e disperazione. Ci sono anche le famiglie da prendere in carico: « Facciamo iniziative strane per dare spazio alla vita – ricorda Valeria – Tane attività fuori dal comune come quando, fuori orario, tutti noi infermieri, insieme ai famigliari, organizziamo una gita al Sacro Monte con i nostri ammalati. Tutti insieme ad ammirare quel paesaggio così amato. Vivere intensamente il presente, per avvicinarsi in maniera lieve al domani…».

Nonostante la preparazione personale e gli incontri con lo psicologo, ci sono casi che lasciano il segno: « La prima giovane donna ricoverata ci ha richiesto uno sforzo emotivo enorme – ricorda Valeria – Ma più diventava complicato, più ci mettevamo a disposizione. Non avevamo orari: i nostri interventi erano scanditi dalla vita dei pazienti. La sveglia, il pranzo, l’igiene: erano loro a decidere quando. E si parlava, tanto, si ascoltava e ci si metteva a disposizione, senza guardare l’orologio.  Così sono nate relazioni profonde con i parenti. relazioni che mi sono portata via e ho a cuore ancora oggi».

Valeria non lavora più in quel reparto. È andata in pensione soddisfatta per aver raggiunto quell’obiettivo per lei tanto importante. Ma conserva foto e ricordi di quella parte della sua vita professionale. Una parte che le è valsa un’intera carriera.  Tante le storie che le sono rimaste scolpite nella memoria come quella del giovane padre che voleva seguire il primo giorno di scuola del figlio e per esaudire quel desiderio si era messa in moto una macchina organizzativa complicata per non spaventare i piccoli alunni che si ritrovavano all’ingresso della scuola: « Avevamo predisposto tutto: auto, arrivo, accoglienza saluti…. ma quel padre non è riuscito a salutare il bimbo. È morto poco prima».  E poi c’è la signora che voleva avere i capelli sempre in ordine o l’uomo che sognava la trippa: « Desideri di vita quotidiana che diventavano i nostri imperativi».

« Volevamo portare la vita all’interno dell’hospice».

LE TESTIMONIANZE DEI PRIMI PAZIENTI

MAURO E CARMEN

IL PERSONALE

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 11 Febbraio 2020
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