Sportello psicologico dell’ospedale per gli agenti penitenziari
Accordo tra l,'Asst Sette Laghi e la Casa circondariale di varese per dare assistenza gratuita. Lo sportello è al padiglione 13 del Circolo
Il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’ ASST Sette Laghi, diretto dal dott. Isidoro Cioffi, in accordo con la dott.ssa Carla Santandrea, direttore della Casa Circondariale di Varese, ha ideato un progetto di counseling psicologico rivolto agli agenti di polizia penitenziaria di Varese.
Il progetto, sostenuto dalla Direzione Sociosanitaria dell’ASST, guidata dal dott. Ivan Mazzoleni, si propone di offrire un servizio di prevenzione primaria e secondaria del disagio psicologico di una particolare popolazione, quella degli agenti di polizia penitenziaria, esposta a molti fattori stressanti, tanto che si registra, a livello nazionale nella specifica popolazione, un alto tasso di disagio psicologico.
Lo sportello, completamente gratuito, avrà sede all’Ospedale di Circolo di Varese, negli stessi locali dell’Ambulatorio Ansia e la Depressione, al 1° piano del Padiglione 13.
«L’iniziativa – dichiara Marco Bellani, responsabile degli psicologi dell’ ASST Sette Laghi – nasce a seguito di alcune considerazioni sull’ambiente carcerario, una realtà molto complessa in cui sussistono dinamiche particolari sul piano lavorativo-organizzativo, relazionale e personale, talvolta di difficile gestione».
«Il lavoro di chi garantisce la sicurezza all’interno del carcere – aggiunge la prof.ssa Camilla Callegari, della Psichiatria Varese – porta con sé un carico psicologico che deve essere supportato. Per questo abbiamo pensato di dare un contributo affinché psicologi esperti aiutino gli agenti».
«Gli agenti – tiene a sottolineare il dott. Isidoro Cioffi, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze – sono un corpo silente, ma che svolge un ruolo importante per l’intera società. Iniziamo un percorso che speriamo possa essere un esempio per altre città lombarde. Per la categoria degli agenti di polizia penitenziaria gli stressors contestuali, psicologici ed affettivi raggiungono un livello molto elevato per quantità ed intensità, un livello tale da poter compromettere il benessere psicofisico degli operatori, configurando uno specifico profilo di rischio professionale anche di tipo psico-sociale, quale la sindrome da burnout».
«Le possibili, improvvise esplosioni di tensione e aggressività tra detenuti nelle varie sezioni – spiega Giuliano Tinelli, psicologo dell’Ambulatorio per l’Ansia e la Depressione – gli eventi critici relativi a detenuti particolarmente problematici, le aspettative ambivalenti degli stessi detenuti, le richieste forti delle altre aree operative o dello stesso sistema penitenziario, vissute spesso come delega o scarico di responsabilità, creano tensione, reazioni conflittuali e, alla fine, isolamento, con possibile comparsa di sentimenti di rancore, inadeguatezza, impotenza. Fino all’ansia strutturata, alla depressione, ad un sentimento di scacco esistenziale. In virtù di queste considerazioni, tutelare una categoria così centrale nell’organizzazione penitenziaria deve rappresentare un obiettivo costante».
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