«Il vicino era violento: in una notte siamo scappati per sempre dalla nostra casa»

L’incredibile storia di una coppia che per sfuggire a minacce e aggressioni ha dovuto lasciare per sempre l'abitazione. «Stiamo ancora pagando il mutuo»

Avarie

Cosa fai se la casa che stai pagando con fatica, con un mutuo, si trasforma in un luogo insopportabile non sicuro per via delle continue aggressioni del vicino di casa?

Lo ha spiegato una donna questa mattina in un processo per stalking: «Signor giudice, ho messo i miei vestiti, quelli di mio marito e dei miei figli nei sacchi neri della spazzatura e in una notte siamo scappati».

Non vola una mosca dopo queste parole che fanno sgranare gli occhi a quasi tutte le persone che ascoltano. Al primo banco c’è seduto un uomo imputato per il reato di stalking che sembra non battere ciglio. Di fronte ha una donna bionda di mezza età che ancora pare non credere alle parole che lei stessa ha appena pronunciato. Tre banchi più dietro, in ultima fila, un uomo che continua invece a fare silenziosamente segno di “no“ con la testa: anche lui non ci crede, ed è suo marito, anche lui parte civile in un processo che ha i toni dell’asssurdo.

Tutto cominciato, secondo quanto raccontato oggi in aula dalla donna che è stata escussa dal pubblico ministero e dalle parti dopo che la coppia comunicò al vicino di casa di voler realizzare una tettoia, nel 2011: all’inizio nessun problema, con addirittura l’imputato che divideva con l’altra famiglia alcuni spazi comuni – come sovente accade nelle unità “bifamiliari“ – il quale non solo non si lamenta ma addirittura assume un tono accondiscendente: «Costruite pure, non c’è problema. Non tre metri e 45, fatela lunga 5 metri la vostra tettoia».

Il difensore della famiglia chiede discrezione ma si capisce che la casa in questione non è in centro a Varese, piuttosto in un comune fuori città, nell’Alto Varesotto.

Poi qualcosa cambia e cominciano i problemi. L’uomo si esprime in stretto siciliano e comincia a riempire di contumelie la coppia che deve in alcuni casi ricorrere alle cure mediche per via di aggressioni e minacce: «Vi butto nel pozzo», «vi porto nel bosco e vi ammazzo», e al tre parole sconce e irripetibili su un giornale ma ben chiare perché ricordate in aula e pronunciate in diversi episodi di fronte anche ai carabinieri che la coppia di volta in volta chiamava.

Fino alla decisione dopo l’ennesimo episodio: il lancio di un cacciavite contro la gamba della donna avvenuto sempre secondo quanto riportato in aula, il 18 agosto 2014. «Sono andata all’ospedale e mi sono fatta refertare».

Lesioni di poco conto, certo, ma fatti che feriscono e spaventano. Era un lunedì, l’ultimo in quella casa, perché il weekend successivo accadde l’irreparabile: la famiglia è sull’orlo di una crisi di nervi, e il 23, il sabato, viene presa la decisione, una di quelle dalla quale non si tornerà più indietro.

«Il 23 agosto 2014 ho aperto gli armadi e ho buttato tutto dentro ai sacchi della spazzatura e la mattina successiva, domenica, abbiamo abbandonato la casa».

Volatilizzati. La coppia aveva deciso di acquistare quell’immobile come «abitazione della vita. Il posto dove avevamo deciso di stare per il resto dei nostri giorni. Invece siamo dovuti letteralmente scappare a gambe levate perché eravamo spaventati da questa persona. Eravamo terrorizzati da quello che sarebbe potuto accadere anche ai nostri figli».

I coniugi vessati si sono costituiti parte civile e sono difesi dall’avvocato Paolo Bossi: marito e moglie si sono trasferiti nella sistemazione da cui provenivano cioè la casa di un parente, ma stanno ancora pagando il mutuo della casa in cui vivevano e dalla quale se la sono data a gambe levate.

L’imputato, presunto innocente fino a prova contraria, verrà ascoltato, oltre ad altri testi, nel corso della prossima udienza fissata per la fine di giugno.

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Pubblicato il 21 Febbraio 2020
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da carlo196

    Ma è mai possibile in primo luogo che un processo si svolga dopo oltre 5 anni dai fatti e poi che la prossima udienza dopo 4 mesi? Non è che in casi come questi si rischia la prescrizione con relativa beffa per i querelanti?

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