Io, barista frontaliera, costretta a lavorare senza tutele per la salute
Le preoccupazioni di Alessandra, studentessa e frontaliera che lavora in un bar in Canton Ticino per pagarsi gli studi
Buongiorno,
mi chiamo Alessandra e vi scrivo per lanciare un appello importante per me e per altri nella mia stessa situazione, nella speranza che questo messaggio susciti nel lettore, chiunque esso sia, l’attenzione che merita.
Sono una studentessa che frequenta l’Università degli studi dell’Insubria e, per pagarmi gli studi, da un circa un anno lavoro in un bar-ristorante a Lugano: sono una frontaliera. A fronte del decreto emanato in Italia e dell’aumento dei contagi in Ticino, trovo assurdo che noi frontalieri siamo costretti ad andare a lavorare senza alcuna tutela.
Ieri mattina mi aspettavo che ci fossero per lo meno dei controlli alla dogana di Ponte Tresa ma nulla è stato fatto: il trenino che porta fino a Lugano resta pieno di persone sedute l’una di fianco all’altra, nessuna precauzione sulle distanze di sicurezza. Io lavoro tutto il giorno a contatto con le persone e, anche nel campo della ristorazione, nessun atteggiamento cautelativo è stato preso.
Una persona che fino a ieri veniva a pranzo nel posto in cui lavoro, è stata messa in quarantena.
Per senso di responsabilità, sapendo di provenire da una zona rossa, ho deciso di lavorare con i guanti per tutelare me stessa ma soprattutto gli altri: all’arrivo del mio gerente ho dovuto sorbirmi una paternale di mezz’ora sul perché le mascherine e i guanti non sono necessari per evitare il contagio e, alla fine, sono stata costretta a togliermeli. Una situazione surreale che merita l’attenzione di tutti.
A casa vivo con mio papà malato di cuore, costretto anche lui ad andare a lavorare essendo frontaliere, e una nonna di 87 anni malata di Alzheimer. Ognuno a casa propria ha qualcuno di più debole che merita maggiore protezione e penso che ognuno debba essere messo in condizioni di comportarsi seguendo le regole che ci sono state imposte dal decreto essendo, la nostra, una situazione di emergenza.
Vi prego di parlare anche di noi, dei 70000 italiani costretti ad andare a lavorare senza alcuna garanzia o tutela.
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Cara Alessandra, anche io sono un frontaliere che ha contatti con le persone.
Credo che la tua situazione sia preoccupante soprattutto per i tuoi cari malati ed anziani. E’ bene ricordare ad ogni modo che essere contagiati è solo rimandabile (perché prima o poi lo prenderemo tutti) mentre morire di Covid rimane un fatto raro. Gli ospedali si lamentano perché sono sotto pressione, ma è normale. Tra qualche mese i grandi numeri ci diranno che è stato solo un brutto momento.