Io, barista frontaliera, costretta a lavorare senza tutele per la salute

Le preoccupazioni di Alessandra, studentessa e frontaliera che lavora in un bar in Canton Ticino per pagarsi gli studi

Generico 2018

Buongiorno,
mi chiamo Alessandra e vi scrivo per lanciare un appello importante per me e per altri nella mia stessa situazione, nella speranza che questo messaggio susciti nel lettore, chiunque esso sia, l’attenzione che merita.

Sono una studentessa che frequenta l’Università degli studi dell’Insubria e, per pagarmi gli studi, da un circa un anno lavoro in un bar-ristorante a Lugano: sono una frontaliera. A fronte del decreto emanato in Italia e dell’aumento dei contagi in Ticino, trovo assurdo che noi frontalieri siamo costretti ad andare a lavorare senza alcuna tutela.

Ieri mattina mi aspettavo che ci fossero per lo meno dei controlli alla dogana di Ponte Tresa ma nulla è stato fatto: il trenino che porta fino a Lugano resta pieno di persone sedute l’una di fianco all’altra, nessuna precauzione sulle distanze di sicurezza. Io lavoro tutto il giorno a contatto con le persone e, anche nel campo della ristorazione, nessun atteggiamento cautelativo è stato preso.

Una persona che fino a ieri veniva a pranzo nel posto in cui lavoro, è stata messa  in quarantena.

Per senso di responsabilità, sapendo di provenire da una zona rossa, ho deciso di lavorare con i guanti per tutelare me stessa ma soprattutto gli altri: all’arrivo del mio gerente ho dovuto sorbirmi una paternale di mezz’ora sul perché le mascherine e i guanti non sono necessari per evitare il contagio e, alla fine, sono stata costretta a togliermeli. Una situazione surreale che merita l’attenzione di tutti.

A casa vivo con mio papà malato di cuore, costretto anche lui ad andare a lavorare essendo frontaliere, e una nonna di 87 anni malata di Alzheimer. Ognuno a casa propria ha qualcuno di più debole che merita maggiore protezione e penso che ognuno debba essere messo in condizioni di comportarsi seguendo le regole che ci sono state imposte dal decreto essendo, la nostra, una situazione di emergenza.

Vi prego di parlare anche di noi, dei 70000 italiani costretti ad andare a lavorare senza alcuna garanzia o tutela.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Marzo 2020
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Gianluca Ribolzi

    Vi prego di parlare anche di noi, dei 70000 italiani costretti ad andare a lavorare senza alcuna garanzia o tutela.

    Partirei da qui per evidenziare l’ipocrisia e la sfacciataggine di questa lettera. Gente che per mera convenienza economica personale ha “sfanculato” il proprio Paese preferendo andare a lavorare in Svizzera, adesso scrive di essere COSTRETTA. Da chi esattamente? Da quale legge?

    Paese che vai, sanità e misure di tutela che trovi. Troppo comodo pagare le tasse rossocrociate e volere le tutele tricolori. Qui c’è gente a casa in ferie obbligate che non sta lavorando, città chiuse come in guerra, li invece state lavorando regolarmente e avete anche il coraggio di lamentarvi.
    Quando scegliete di andare a lavorare in Svizzera, magari vantando verso i vostri ex colleghi stipendi doppi o tripli, considerate tutti gli aspetti, tutti. E ricordatevi sempre che siete ospiti in casa di altri, spesso nemmeno tanto ben visti.

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      Scritto da Mirko

      Costretta!!!!
      Pensa alla propria saluta e stai a casa!!!
      Mi sa tanto che spera che il proprio datore di lavoro gli dica di stare a casa versandole li stipendio!!!

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    Scritto da Rolo

    Più che lecito lo sfogo della signorina Alessandra che cerca di tutelare la propria salute e, per quel poco che conta, ha tutta la mia solidarietà.
    Mi piacerebbe leggere che l’Autorità italiana che detiene i rapporti per i frontalieri faccia i passi necessari presso quelle elvetiche affinchè tutti i lavoratori, nelle varie mansioni, siano tutelati e protetti per quanto possibile dal contagio. Non è perché una persona va a lavorare in Svizzera (e in questo caso per mantenersi agli studi) debba essere trattata come un essere di seconda categoria.
    Quel datore di lavoro è senza dignità!
    Rolando Saccucci

  3. Giorgio Martini Ossola
    Scritto da Giorgio Martini Ossola

    Pur ammettendo l’impressione della insensibilità del commento del sig. Ribolzi non posso fare altro che approvarlo. Sono anche io frontaliere e ho sempre saputo che lavorare oltreconfine implica vantaggi ma anche svantaggi,se la signorina lavorasse in italia oggi sarebbe a casa,mentre lavorare in svizzera gli permette di continuare a percepire uno stipendio certamente maggiore,pur forse con minor tutela…ma su questo non ne sarei proprio certo.

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    Scritto da Rolo

    Per i Sigg. Ossola, Martini e Ribolzi.
    Cari signori non ci siamo, perché mettere tutto sul piano economico quando una pandemia sta avanzando? Certo, chi sceglie di lavorare all’estero deve essere disposto ad accettare condizioni diverse da quelle vigenti nel proprio Paese, ma non vedo perché debba essere rimproverato il fatto che si cerchi di guadagnare di più e soprattutto essere regolarizzati (in Italia oltre che essere mal retribuiti spesso nei bar viene proposto lavoro in nero). Inoltre considerato che si paga gli studi universitari (informatevi sui costi) non ci trovo proprio nulla di negativo e se lo fa per non gravare sulla famiglia, la costrizione c’è! E non si baratta la vita con un salario migiore!
    Ma il punto non è questo, il nocciolo della questione è la tutela della propria salute e, oltre che dei clienti, dei propri cari. Questa non è una semplice influenza, è una pandemia che nel mondo sta facendo strage di persone di qualunque nazionalità che vengono a contatto con il virus. La signorina, probabilmente soggetta a contatti ravvicinati, richiede semplicemente di proteggere gli altri oltre che se stessa. Secondo voi dovrebbe mettere a repentaglio la propria vita e lavoro solo per la prepotenza ed il ricatto di uno svizzero?
    Così difficile da comprendere che basta un solo infetto per divulgare ulteriormente l’epidemia????
    Non so chi sia Alessandra, ma rinnovo a lei ed a tutti i frontalieri in questa condizione tutta la mia solidarietà.
    Rolando Saccucci

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    Scritto da Viacolvento

    Non capisco perché Alessandra chieda sostegno per la situazione sanitaria dei frontalieri, visto che non sono discriminati in quanto tali, ma lavorano nelle stesse condizioni dei ticinesi.

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      Scritto da Rolo

      Perchè qualora fosse contagiata a sua volta lo potrebbe inconsapevolmente ritrasmettere ad altri ed ai suoi cari in particolare. Non mi pare che ad ogni valico della frontiera venga fatto il tampone. Ovvio no?

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