Coronavirus, gli avvocati: “Stop alle udienze per due settimane“
“Inefficaci“ secondo l'organismo congressuale forense “le misure finora adottate dal Governo per ridurre ragionevolmente il rischio di contagio"
Astensione dalle udienze e da tutte le attività giudiziarie, in ogni settore della giurisdizione, per il periodo di quindici giorni con decorrenza dal 6.03.2020 e fino al 20.03.2020.
Lo ha deciso nella serata di ieri, mercoledì nel corso di una video conferenza l‘organismo congressuale forense, istituto di vertice di rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana, “in conformità alle disposizioni del codice di autoregolamentazione, con esclusione espressa delle udienze e delle attività giudiziarie relativi alle attività indispensabili come previste e disciplinate dagli artt. 4, 5 e 6 del ‘Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli Avvocati’”.
Secondo gli avvocati le misure finora adottate dal Governo risultano “non adeguate a ridurre ragionevolmente il rischio di contagio in relazione alle specifiche modalità di interazione che connotano le attività giudiziarie in quanto il rischio di contagio si sta palesando in modo crescente su tutto il territorio nazionale e già numerosi Avvocati e Magistrati hanno contratto il contagio, e ogni Avvocato e ogni Magistrato, nello svolgimento delle proprie funzioni, interagisce quotidianamente con un numero molto elevato di persone e inoltre gli Avvocati, per le ragioni connesse alla propria professione, operano in modo
indistinto sul territorio nazionale, senza alcuna limitazione“.
“Negli uffici giudiziari poi converge un afflusso di persone non limitato alle sole parti e ai loro difensori, ma esteso a testimoni, consulenti, verificatori, coadiutori, (etc.) non ricompreso nelle previsioni del D.L. n. 9/2020, e si concretizza il rischio che gli uffici giudiziari italiani divengano grande veicolo di contagio diffuso e incontrollato ed è inoltre molto arduo, se non impossibile, effettuare i dovuti controlli preventivi circa gli ambiti di rispettiva provenienza delle persone”.
Inoltre “lo stato degli edifici in cui viene esercitata l’attività giudiziaria, la loro inadeguatezza strutturale e la loro dislocazione, non consentono un pur minimo controllo igienico-sanitario, e la gestione continua in gran parte ad essere demandata a scelte discrezionali dei capi degli uffici giudiziari che, nella maggior parte dei casi, hanno assunto provvedimenti volti a limitare le possibilità di contagio nelle sole aule di udienza e all’interno delle cancellerie (peraltro con esiti evidentemente insufficienti, visto il caso di Milano), ma non hanno alcuna incidenza sulle condizioni in cui gli Avvocati, le parti, i testimoni e gli ausiliari debbano attendere lo svolgimento delle attività di rispettiva competenza“.
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